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mercoledì, 15 Ottobre, 2025
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Il Centro ha grandi potenzialità, non può restare un luogo di meditazione

*Il sistema politico italiano resta ancorato al bipolarismo, ma l’assenza di un vero polo centrista frena la rappresentanza dei moderati. Forza Italia e il Pd faticano a reggere l’urto delle ali estreme.

È ormai consolidata la convinzione che il sistema bipolare italiano, per quanto imperfetto, sia non più superabile. Nessun ritorno al proporzionalismo, da un lato. Radicalizzazione dello scontro fra i due fronti, dall’altro. La conferma è quanto è avvenuto nel tempo, dopo le esperienze dei governi tecnici di Monti prima, di Draghi poi. Progressivamente i due schieramenti che furono di centro-destra e di centro-sinistra si sono mutati in destra-centro e sinistra-centro. Poco centro di qua, poco di là. Non si tratta solo di un funambolismo terminologico di natura politologica. C’è sostanza, in questo cambiamento.

La Destra e la fine dellegemonia azzurra

A destra Forza Italia ha perso la sua originaria egemonia: dapprima in favore del populismo anti-migratorio e anti-europeista della Lega salviniana e successivamente, in una fase politica più matura che dura tuttora e promette di proseguire a lungo, in favore della forte leadership di Giorgia Meloni, la cui appartenenza alla Destra storica è indiscutibile.

 

Il Pd tra populismo e radicalità

A sinistra il Pd oggi diciottenne dopo alterne vicende (incluse due scissioni) con la segreteria Schlein ha spostato tutto all’estrema il suo asse con in più – novità rispetto alla vecchia “ditta” bersaniana – una dose importante di populismo filo-pentastellato che genera pericolosi cortocircuiti soprattutto (ma non solo) sui temi di politica estera (e ambientale). In totale alternativa all’iniziale vocazione maggioritaria del partito, si è così passati a un’idea radicale di “campo largo”, non inclusivo per chi non ne è parte.

Questa estremizzazione dell’offerta politica lascia perplessi molti italiani. E infatti una quota significativa di loro non va più a votare, né risponde ai sondaggi sulle intenzioni di voto. È in questo quadro che si inserisce la questione del Centro: un luogo politico ormai abbandonato del quale però in molti avvertono la mancanza e sarebbero pronti a sostenerlo.

Il nucleo disperso dei centristi

Molti ma non tantissimi, si dirà. Lo hanno testimoniato i risultati ottenuti da Monti nel 2013 e dalla coppia Calenda-Renzi nel 2022. In realtà non bisogna dimenticare la presenza di un consistente nucleo elettorale che ha espresso un certo numero di parlamentari nelle due coalizioni che oggi incarnano il bipolarismo: Forza Italia priva di Berlusconi e il Partito Democratico nella sua anima riformista.

Un nucleo che si ritrova in difficoltà nel momento in cui l’asse delle rispettive coalizioni si sposta verso l’estremo. Ovviamente questa difficoltà è maggiore per i dem, essendosi il loro partito negli ultimi due anni e mezzo davvero allontanato dalle posizioni moderate. In Forza Italia invece i dubbi circa l’estremizzazione salviniana sono presenti ma attenuati dal pacato atteggiamento di Tajani e dal collante del potere.

Il ritorno di Renzi e la Casa Riformista”

E dunque, in mancanza di iniziative politiche coraggiose, il Centro non solo non si organizzerà in forza autonoma ma rimarrà marginale. Resterà un luigo astratto di meditazione.  S’intravede però una differenza: mentre a sinistra la minoranza dem appare immobilizzata, a destra Forza Italia è un partito organizzato, capace di cercare consensi moderati non avendo concorrenti se non – al momento – il piccolo ma interessante partito di Calenda. Il quale ora non ha più la concorrenza di Renzi, passato a sinistra in posizione minoritaria.

Altro infatti è un centro-sinistra con un forte partito a presidiare l’ala moderata della coalizione, come fu la Margherita. Altro è farlo con percentuali minime. Renzi, che è molto svelto ed intelligente, ha compreso perfettamente che lo spazio “ex Margherita” c’è, può valere un buon 10% e con la sua nuova invenzione, “Casa Riformista”, prova ad occuparlo. Il primo esito elettorale è stato buono, ma giocava in casa. Ora si attendono i prossimi responsi.

Il tempo stringe

Un fatto è certo: solo un’aggregazione ampia potrebbe contenere le spinte radicali che attraversano il Pd, imposte ora dalla CGIL landiniana, ora dal populismo pentastellato di Conte, ora dalla sinistra d’antan di AVS. Un’aggregazione capace di offrire una prospettiva a quanti, incerti sul da farsi, guardano con curiosità alla “nuova” Forza Italia.

Lo stesso Renzi è però consapevole di non poter essere lui il leader di questo progetto e infatti cerca un volto mediatico in grado di proporlo al grande pubblico. Ma essendone lui l’ideatore, rischia di appesantirlo, come dimostrato dalla modesta prestazione di Italia Viva. Casa Riformista è così ancora lontana dal diventare la nuova Margherita. Senza la quale, tuttavia, il “Campo Largo” non ha i numeri per sconfiggere la Destra di governo.

Il tema, comunque, è stato posto. E non è poco, anche se il tempo stringe. Dai riformisti dem – a convegno fra una settimana a Milano e Livorno – da Ruffini e dal suo movimento Più Uno, e da quanti si muovono da quelle parti, ci si attende un’iniziativa dirimente e chiara. Ma ci sarà?