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martedì, 21 Ottobre, 2025
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Tajani e l’altra linea del governo

Nel campo della politica estera il titolare della Farnesina si distingue per equilibrio e senso istituzionale, restituendo all’Italia una tradizione diplomatica oggi smarrita.

Il compianto Emanuele Macaluso, anni addietro, a Orvieto, all’annuale Assemblea dell’Associazione Libertà eguale, esortava a tornare a cogliere le contraddizioni dell’avversario e a insinuarsi in esse, pur nella democrazia dell’alternanza. E non solo per ragioni tattiche, quanto per la crescita della civiltà democratica. Insomma: quella che un tempo si definiva dialettica politica (ancora bambino, appresi quest’espressione dal grande giornalista Pierantonio Graziani). Senza troppe nostalgie, però.

L’importanza della dialettica

Non si tratta, per il centrosinistra, solo di sottolineare i contrasti fra gli esponenti della maggioranza e del governo, bensì di provare a farvi leva per tessere possibilità alternative, sempre nella trasparenza e nella chiarezza delle posizioni e dei ruoli.

Tajani e la politica estera italiana

Senza dubbio, ad esempio, il ministro Antonio Tajani esprime, in politica estera, una linea diversa da quelle della premier Giorgia Meloni e del ministro Matteo Salvini. Riguardo alla tregua a Gaza, in particolare, al cospetto dell’ebbrezza trumpiana della Presidente del Consiglio, Tajani ha sottolineato l’importanza di chi, in quella Striscia e in Cisgiordania, vive e soffre davvero; l’importanza, ad esempio, di ricostituire un efficiente servizio di Polizia dell’Autorità nazionale palestinese.

Un’eredità diplomatica da non perdere

Non è roba di poco conto. E la diplomazia del nostro Paese si è a lungo caratterizzata per il suo equilibrio e per la capacità di intercettare consensi oltre il perimetro delle maggioranze governative. Un senso di responsabilità ancor più essenziale oggi, al tempo del villaggio-mondo e della diffusa consapevolezza della complessità delle cose.