Nonostante le sconfitte elettorali sin qui inanellate e nonostante un partito in cui è ancora minoranza, perché eletta con l’apporto determinante dei non tesserati, la guida di Elly Schlein si rafforza nel Pd e nel polo di sinistra. I malumori emersi all’ultima direzione del Pd non sembrano in grado di incidere sulla linea politica. Che rimane quella di una leader che parla ad alcune minoranze, nella quale la maggioranza del Paese fatica a riconoscersi. Di una segreteria allergica ad ascoltare consigli o anche solo pareri diversi, che ha messo insieme le varie sfaccettature di un massimalismo della sinistra, tanto radical-chic, poco sociale e semplicemente estraneo alla dimensione popolare.
Ma proprio per questo suo voler lavorare senza esser “disturbati” dalla collegialità e dalla democrazia interna (in questo assomiglia molto alla gestione renziana del Pd), la linea della Schlein crea compattezza, lancia messaggi ben definiti a precisi settori della società. La strategia appare piuttosto chiara: ricompattare tutto il popolo della sinistra, il campo largo, recuperare il vasto astensionismo progressista, riducendo anche la frammentazione di quest’area politica, scommettendo sul fatto che il deterioramento della situazione sociale ed economica del Paese, non consenta al destra-centro di fare altrettanto, di motivare al voto tutto il suo potenziale elettorato.
E pazienza se questa strategia contempli per il Pd un certo grado di confusione, come quella vista alla manifestazione di sabato scorso con il M5S, e più di una concessione al populismo. La storia recente fornisce vari esempi di leader (con i pentastellati maestri indiscussi) che hanno badato a raccattare voti nei modi più disinvolti per poi fare politiche talora anche diametralmente opposte a quelle enunciate in campagna elettorale.
La domanda semmai è cosa c’entra in tutto questo il centro, al di fuori del poco ambito ruolo da mero portatore di consensi.
Credo che alla componente di quest’ area politica che fa riferimento al popolarismo non possa bastare quanto è stato già detto da altri settori di centro come critica alla linea della Schlein, e i toni utilizzati per farlo. A partire dal tema delle alleanze dove la netta contrarietà al campo largo deve significare chiusura ad accordi elettorali con forze populiste ma non ad alcune delle istanze che i populisti si limitano a sfruttare a loro favore.
Prendiamo il tema della pace. È un fatto che una parte della sinistra cerca di alimentare la narrazione-truffa di una qualche presunta sua perplessità al sostegno anche militare all’Ucraina, nonostante l’oggettivo profilo culturale e biografico della Segretaria, con passaporto anche americano, smentisca ogni possibile incertezza al riguardo. Ora, la risposta delle forze di centro nel riaffermare con chiarezza la linea atlantista dell’Italia nel supporto all’Ucraina “as long as it takes” non credo possa esaurirsi nei toni usati da certi “falchi” di Azione o di Più Europa, più vicini al disegno dei neocons americani, che alle ragioni dell’Europa e di una pace “giusta” e ai vari tentativi, tra cui quello della Santa Sede, di costruire le condizioni per una cessazione delle ostilità. La voce del centro si deve sentire sia sulla determinazione a sostenere l’Ucraina sia nel ricercare tutte le possibili alternative alla continuazione della guerra.
E un discorso analogo credo si possa fare per alcune delle altre piste rilanciate dal Pd, come la casa ad esempio. Come pensa la Schlein di sviluppare politiche abitative adatte alla classe media con alleati i seguaci di Beppe Grillo che in vari modi ha dimostrato di fare propria senza mediazioni, la visione che sul problema abitativo hanno i circoli di miliardari che lo ispirano? Ovvero la piccola proprietà immobiliare ceduta a poche concentrazioni del real estate, perché come spiegava ieri un’entusiasta Chiara Saraceno su La Stampa, “vivere in affitto è diventato più sicuro”. La difesa della piccola proprietà privata, compresa la casa (oggetto di una abnorme patrimoniale che gradualmente andrà riportata entro soglie più sostenibili), a sostegno di una più equa ridistribuzione della ricchezza che fa da motore all’economia e fa da garante alla libertà personale, credo sia uno fra i filoni qualificanti delle politiche di centro di cui il Paese ha bisogno.
In generale quindi, non è sufficiente per il centro criticare la linea movimentista della Schlein, occorre che sappia esprimere una propria diversa prospettiva, anche con l’apporto della cultura politica del popolarismo, sia sulle alleanze che nel merito dei problemi.