A proposito di un articolo di Lucio D’Ubaldo dedicato a Zingaretti e alla comunità di S. Egidio

Puntualmente Lucio D?Ubaldo coglie le incongruenze tra annunci preelettorali di alleanze in occasione dell’ultimo voto alle regionali del Lazio e pratiche del successivo governo.

Bellissimo articolo, scritto con penna di alta qualità, quello comparso sul Domani di ieri. Puntualmente Lucio D?Ubaldo coglie le incongruenze tra annunci preelettorali di alleanze in occasione dell’ultimo voto alle regionali del Lazio e pratiche del successivo governo. Certamente, dopo aver liquidato un’alleanza con la Lorenzin in nome di un modello di unità a sinistra (giocato soprattutto in chiave antirenziana), ora sembra stravagante e addirittura ipocrita chiamare in Giunta i Cangemi e i Cavallari, naufraghi di una destra molto più destra della Lorenzin.  Giusto anche attribuire, con puntuale blow up, all’onda lunga della caduta ideologica dopo l”89, la disinvoltura con cui a sinistra si sono effettuate queste ed altre piroette.

Ma proprio perché l’analisi di LD è così storica e approfondita non si può accomunare facilmente Renzi e Zingaretti in un’identico stile di gestione del potere. Forse, per rimanere sul terreno della stimolante analisi di D’Ubaldo, bisognerebbe passare ad esaminare il declino di una intera democrazia al tempo della secolarizzazione della politica e quindi zoomare sul rapporto tra potere e rappresentanza (meglio, tra potere e rappresentanti), quando i partiti, che della democrazia sono l’incarnazione, rischiano di diventare aziende (con tanto di marketing) a caccia di voti.

Il dibattito si è acceso vivacissimo sulla chatt RIFORMISTI RIFORMATORI e ha messo in risalto proprio questi due approcci al problema della crisi del centro sinistra:

  • alla visione di Lucio D’Ubaldo appartiene, in estrema sintesi, un fondamento critico di stampo morale (dopo la caduta del comunismo si sarebbe persa a sinistra la possibilità di richiamo ad una scala di valori che facciano da scudo al cinismo delle scelte compiute in nome della real politic). La caduta dei grandi Valori di riferimento vede la scomparsa di gruppi dirigenti che per la politica hanno lottato e speso una vita e l’affermazione di nuove personalità inclini a vivere invece di politica piuttosto che per la politica;
  • senza sottovalutare questa critica, appare però a qualcun altro che la questione non possa più essere vista soltanto come problema degli uomini o degli stessi partiti, ma vada pensata come un problema stesso della democrazia, che la secolarizzazione in atto (diciamo pure il nichilismo della società presente) ha spogliato di coperture ideologiche, liberandone l’attuale caratteristica prevalente: un meccanismo di creazione del potere attraverso il consenso; ma di un potere fine a se stesso. Democrazia, dunque, non più come strumento tecnico al servizio del governo della cosa pubblica, ma strumento di potere fine a se stessa (questo è il motivo per cui pensiamo di essere in regime di tecnocrazia non solo e non tanto quando ricorriamo ai governi cosiddetti tecnici).

Grande, quindi, è la necessità di un dibattito che, in fondo, ruota attorno all’interrogativo se la crisi del centro sinistra si iscriva in quella dei partiti storici della sinistra europea (à la Cacciari) o piuttosto in una grave crisi di tutto il rapporto di rappresentanza.