Agensir | L’intercessione, un ponte tra cielo e terra: l’esempio di La Pira.

L'anima del mondo, ovvero la preghiera che sostiene l'umanità. Una forza trasformatrice che che si espande dal cuore dei monasteri. La compassione divina e l'intercessione umana: un binomio inscindibile.

Loris Maria Tomassini

 

Giorgio La Pira (1904-1977), luminoso testimone di santità laicale, aveva una grande stima per i monasteri di clausura. Vedeva i monaci e le monache come “parafulmini” dell’umanità attraverso la loro preghiera di intercessione. Ho sempre sostenuto che i monaci non sono gli specialisti della preghiera perché essa è di tutti i battezzati. Ma come monaco, ho sentito molto forte questo aspetto dell’intercessione per tutti nella mia vocazione al cuore della Chiesa e del mondo.
Il sostantivo “intercessione” deriva dal verbo latino intercedere: cioè camminare in mezzo, come tra due eserciti, tra due sponde, pronti ad aiutare ciascuna delle due parti o interporsi a favore di una di loro. Si potrebbe dire che è come porsi tra cielo e terra, tra Dio e gli uomini. L’intercessione realizza l’incontro tra il bisogno dell’uomo e la salvezza di Dio.
La preghiera ha sempre a che fare con la salvezza. Pregare, infatti, è entrare nel desiderio di Dio e permettere alla bontà del Signore di mostrarsi in tutta la sua forza. Colui che chiede aiuto, per sé o per gli altri, si rivolge a Qualcuno che non ha bisogno di essere convinto a intervenire, ma che sempre e solamente desidera aiutare, perdonare, guarire e salvare attraverso il suo immenso amore.
Nella Scrittura è evidente che l’intercessione è desiderare quello che Dio stesso desidera: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). L’intercessore si fa portavoce del desiderio di Dio per l’umanità. L’uomo che supplica con l’intercessione è, allo stesso tempo, solidale con Dio e con gli uomini, entra in lui la compassione per tutte le creature, la stessa compassione di Gesù (Cf. Mc 6, 34-44).
Nella storia di Israele, Abramo e Mosè hanno praticato la preghiera di intercessione, prefigurando quella di Cristo, il vero e unico grande intercessore presso il Padre: “Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2, 5-6).
La nostra intercessione sfocia nel grande fiume della preghiera della chiesa, soprattutto nella liturgia che è l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo alla quale tutti i credenti vengono associati in ragione del loro Battesimo.
Non sempre ci è dato di vedere l’esito, l’esaudimento della nostra preghiera di intercessione. Essa è “morte”, è fatica, lotta: va vissuta nella pura fede e nell’abbandono al Padre. Talvolta, però, ci è dato di vedere dei segni, delle piccole luci, come è accaduto a Santa Teresa di Gesù Bambino con la famosa grazia da lei chiesta per il criminale Pranzini, per il quale aveva pregato e offerto sacrifici, che si convertì in punto di morte, prima di essere giustiziato. Questo episodio la illuminò circa la sua missione in favore dei peccatori e della sua maternità spirituale universale, considerando Pranzini come il suo primo “figlio”.
Dobbiamo credere di più nella potenza della preghiera di intercessione fatta dai figli di Dio: “Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto” (Gc 5, 16-18).

 

 

Loris Maria Tomassini è nato nel 1961 e nel 1988 è ordinato sacerdote della diocesi di Fano. Due anni dopo è entrato nel Monastero trappista di Frattocchie (Roma). Dopo essere stato anche maestro dei novizi, viene eletto Abate nel 2020.