I ballottaggi riconfermano il dato di una partecipazione troppo ridotta del corpo elettorale. Si supera di poco la maggioranza degli aventi diritto (52,63%). Ciò rende più deboli i Sindaci appena eletti, dal momento che solo la metà degli elettori, in media, ha contribuito a definire l’assetto dei governi locali. Non è un bene per la democrazia.
La Lega esulta, ma trova anche il Pd ad esultare. Salvini dice di aver vinto in alcuni Comuni amministrati da sempre dalla sinistra; Zingaretti rovescia il commento e sottolinea come da questa competizione esca visibile il nuovo profilo dell’opposizione. Ad entrambi si chiederà di esaminare più attentamente i risultati, con uno spirito critico maggiore, per leggere ciò che conta dentro le rispettive sconfitte (ad esempio a Rovigo per la Lega e a Ferrara per il Pd) piuttosto che dentro le vittorie felicemente registrate.
Una lezione prevalente è quella che porta a riflettere sulla rigidità degli schieramenti in campo. L’evaporazione del centro produce effetti negativi. Quanto più il confronto si radicalizza, tanto più, infatti, si consuma il distacco dell’elettorato. Anche la contrazione dei Cinque Stelle rientra in questo quadro di incertezza e disillusione. Per giunta, il fenomeno delle liste civiche, a riprova della inadeguatezza di un bipolarismo arido e pretenzioso, assume proporzioni oltremodo consistenti.
Come concludere? Ecco, dopo il trionfo alle europee, si temeva il colpo di maglio alle amministrative. Invece non c’è stato: la Lega, in sostanza, non ha stravinto. Vuol dire che Salvini ha tanti punti di forza, ma non pochi punti di debolezza. Si tratta di capire, alla fine, che solo riarticolando il gioco politico al centro è possibile ricondurre entro limiti più modesti il fenomeno leghista. Vale a tutti i livelli, al centro e in periferia, essendo il centro (da ricostruire) il tema caldo della vita politica italiana.