Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Carissimo Lucio, cari amici di Rete Bianca, non vi posso nascondere che leggendo spesso “Il Domani d’Italia”, sono stato molte volte toccato nelle mie mai nascoste e ancora vive corde ideali. E sono stato sfidato nella mia modesta ma convinta formazione cultural-politica. Tutto questo perché ho seguito con l’interesse che meritava il vostro encomiabile dibattito teso ad arrestare l’ormai avanzato canto del cigno della laica e nobile cultura cattolico democratica e popolare. Se si può fare qualcosa per bloccarlo, non è con un partito politico che si potrà fare. Come forse saprete, sia da qualche mio intervento su questo sito, sia dalla personale testimonianza ventennale con la mia Associazione romana Polis Duemila, sono infatti sempre stato critico nell’identificare questo vostro pur legittimo e sano zelo, con la nascita di un Partito. Soprattutto quando è stato definito come partito di centro politico, di centro moderato, o di centro che “…guarda verso sinistra” , come sembra voglia fare l’ultimissimo Renzi dopo aver messo il cappello su una sedia del tavolo apparentemente libera. Ho sempre voluto leggere fra le righe un bisogno culturale, ancor prima che politico-partitico con tutto quello che ne conseguiva in termini di organizzazione centrale e territoriale, se non si desiderava costruire un partito virtuale sulla piattaforma Rousseau. Un bisogno teso ad incarnare nei nostri tempi di crisi e di forti cambiamenti, una grande riserva di valori sicuramente valida per la democrazia che ci attende, da offrire a tutta la politica e a tutti i partiti politici. In questo senso, mi ha sempre un po’ sorpreso la vostra presa di distanza dall’impegno prepolitico, come se si trattasse di una dozzinale attività, e forse auspicando quello postpolitico. Mi ha sorpreso il vostro silenzio sulla formazione dei giovani valutata come inutile perdita di tempo. E mi ha molto sorpreso infine la demonizzazione della testimonianza, una categoria etica che, partito o non partito, solo una banale interpretazione individualista identifica come riduzione privatistica e inefficace dei valori e della democrazia personalistica in cui crediamo.

LA MIA OPINIONE

Tenterò pertanto ancora una volta, di esprimere a volo d’uccello il mio personale punto di vista sulla situazione politica e sociale, tralasciando quella economica ormai nelle mani della finanza globale e piena di incertezze, che ci è data di vivere, mettendola in relazione con quanto è emerso dopo la nascita del Partito di Renzi e la conferma a Premier di Conte . Il primo ma non secondario problema, è quello che sia Renzi, sia Conte si sono recentemente dichiarati cattolici democratici. Ovviamente di centro. Un segnale lanciato nel confuso mare magnum del circo Barnum mediatico, per cercare posizionamenti geometrici identitari e illusori consensi. Ma che crea tuttavia difficoltà a quanti hanno dedicato anni per tenere in vita questa cultura, nel momento in cui hanno visto emergere d’emblèe due autoproclamati leader. In un tempo in cui i leader, carismatici o meno, unti del signore o con il crocefisso sulle labbra, sembrano indispensabili alla democrazia rappresentativa, questa scelta di campo crea degli sbandamenti. Anche se dubbioso, suppongo che Conte e Renzi non ignorino cosa significhi indossare questo vestito. Ma dal momento che soprattutto Renzi ha deciso di occupare uno spazio geometrico situato nel mezzo dell’emiciclo parlamentare, forse pensando ad un Nazareno Due in salsa blaiariana o macroniana, i giochi sul centro sembrano già chiusi. Anche perché Berlusconi con Piazza S. Giovanni ha fatto con il suo centrino una precisa scelta di campo tutta a spostata a destra. Nella illusoria speranza di portare un poco di moderatismo fra le istanze sovraniste e nazionaliste di Salvini, in quelle della Meloni ora alleata con Putin, Orban e la Le Pen, nonché fra i saluti fascisti di Casa Pound. Rimane invece vero che nell’aula del Parlamento, Renzi sarà seduto con la sua Italia Viva vicino a Berlusconi e alla sua Altra Italia. Insomma mi viene da pensare che in queste condizioni il centro politico geometrico, ma solo geometrico, è già occupato. Forse manca il centro sociale, ma non fa niente. E suppongo che il retro pensiero di Renzi e Berlusconi, sia quello che grazie al proporzionale abbiano l’opportunità di fare gli aghi della bilancia sulla sinistra e sulla destra, ricorrendo alla benemerita mediazione. Stando però ai sondaggi, Berlusconi ha fatto capire di non leggerli o di non crederci. Mentre Renzi,forse frettolosamente e in un momento di rabbia con quanto i grillini avevano in precedenza detto e fatto contro di lui, ha deciso di rimanere isolato dal Pd fondando, com’è noto, un vero e proprio partito di centro moderato, anche lui lo chiama così, assicurando lealtà verso Zingaretti. E mentre non credo ad un secondo “stai sereno”, credo molto di più ad una ragionata scelta di campo che, data la legge elettorale esistente, lo porta ad assumere un forte ruolo di cerniera facendolo uscire dal silenzio dove stava finendo senza il seguito di telegiornali, quotidiani, talk show, social e quant’altro.

L’ISOLAMENTO DEI CATTOLICI DEMOCRATICI POPOLARI E UN NUOVO PARTITO

Vorrei a questo punto ricordare che correva l’anno 2002 quando Giorgio Campanini, all’interno della associazione ”Agire Politicamente” di Lino Prenna, aveva proposto col suo fiuto di studioso un Forum annuale, che chiamasse a raccolta tutto l’associazionismo cattolico democratico e popolare sparso e frammentato in Italia. Inascoltato! In questi lunghissimi anni di silenzio totale, rotto solo dalla buona volontà di qualche Incontro-convegno organizzato da singoli e isolati amici e associazioni di area, non ho potuto fare a meno di notare isolamento e gelosie parrocchiali. Chiusure. Peccato. Ma andiamo a noi. Un “nuovo” partito cattolico democratico tra i 24 già esistenti con loro liste e simboli? A mio parere, tuffarsi con un partito di soli “veterani” nel “cattocomunismo dossettiano della nostra “Costituzione bolscevica” – così l’ateo-devoto Giuliano Ferrara – significa oggi stare sulle sponde di uno stagno tranquillo e chiuso frequentato da ultra sessantacinquenni in pensione. Se va bene e con tutto il rispetto. Uno stagno che ci consola e ci lascia tranquilli. Uno stagno della memoria da affidare caso mai a Proust, ma non alla politica, poiché ci vieta di vedere le alte onde violente dei mari aperti che avvolgono oggi i continenti, e gli tsunami che hanno provocato e che provocano sul resto del mondo. Anche per questo, se non soprattutto per questo, credo che la zona Cesarini di un partito cattolico democratico sia stata superata da un pezzo mentre le carte si mescolavano ed era necessario iniziare una nuova partita ripartendo dal basso. Sin dai processi formativi, e sin dai giovani senza lavoro assenti oggi dalle Chiese e con la valigia in mano. Iniziando dai Municipi rionali e dai Comitati di quartiere. Se ancora esistono. Per questo non ho mai creduto che la sola legge proporzionale e il pluralismo a cui rimanda, spesso frammentazione irrilevante se non fotocopie di partiti esistenti, sia condizione sufficiente a far nascer un partito di qualità. Così come ho ritenuto fuorviante affidarsi agli astenuti delle elezioni, osservandoli con un forte abbaglio sociologico, come ceto medio, e come potenziali elettori di un partito di centro moderato col timbro cattolico democratico. Forse nell’antico ricordo di quella buona borghesia cattolica Dc del secondo dopoguerra, e di quella “middle class” oggi salita sul discensore. La domanda allora è: chi sono e dove sono oggi gli elettori cattolici democratici e popolari? Padre Bartolomeo Sorge ha recentemente difeso il pluralismo attaccando il populismo e distinguendo popolarismo da populismo. E con il suo realismo critico cristiano, ha anche parlato dell’importanza dell’impegno dei cattolici in politica, ma con un “…popolarismo che collabori con partner politici di diversi orientamenti culturali“. Niente di più. Ma neanche niente di meno. Certamente consapevole che i valori del cattolicesimo democratico e della Dottrina sociale della Chiesa, sono oggi totalmente assenti dalle parrocchie e dall’associazionismo cattolico storico, ridotto con le iscrizioni ai minimi termini. Ma convinto che con il dialogo interreligioso aperto e avviato dopo il Concilio, con la crisi dei partiti e con la democrazia rappresentativa trasformata in “democrazia del Pubblico”, con la rappresentanza finita sui social alla ricerca di indispensabili leader senza squadra e partito, un partito politico connotato dal cattolicesimo democratico, rischia molto: “La democrazia deve essere dei cristiani ma non cristiana…”, ripeteva Pietro Scoppola.

PENSARE FUTURO

Sapete meglio di me che il tempo scorre. Oggi più velocemente di ieri. E trasforma alla radice e nella struttura la composizione sociale del nostro Paese nelle sue attese e nella sua domanda di politica. Ma di questo sembra che, non solo Renzi, non ci si renda conto, andando pervicacemente alla ricerca di un elettorato di centro moderato con cultura cattolico democratica e popolare. E’ stato Luigi Sturzo che da sociologo ci ha suggerito prima di ogni cosa di osservare la società. E solo dopo di descriverla e interpretarla. Ai suoi tempi con punte di analfabetismo del 70%, era il mondo contadino che meritava attenzioni, perché il 58% di tutta la forza lavoro italiana lavorava nei campi. Circa 30 anni dopo si era ridotta al 40%. Ancora dopo 30 anni all’11%. Ai nostri giorni solo un 5,5% di lavoratori circa è impiegato in agricoltura, col contributo di lavoratori stranieri. E con il ricorso a computer, droni e sistemi di irrigazione e aratura automatici. Il suo Appello rimane fermo, ma è la società che intanto è cambiata. Tutto ciò ci dovrebbe far pensare che le identità culturali tenute chiuse a chiave nel congelatore dei nostri pregiudizi e delle nostre percezioni, assieme alla coerenza formale delle nostre idee refrattarie ai cambiamenti, di fronte alle rivoluzioni epocali che stiamo vivendo giorno dopo giorno (tecnologiche, informatiche e di Intelligenza artificiale, ecologiche e quindi antropologiche e sociali), non ci aiutano molto. Anche le identità cambiano? Ebbene si, anche le identità cambiano con lo spirito dei tempi. E di questo bisogna prenderne atto ricominciando a tarare su un nuovo bipolarismo di valori la vecchia dialettica fra giustizia e libertà che Norberto Bobbio ci ha lasciato in eredità, fondendola con la fratellanza e l’accoglienza, e lasciando alcuni assi portanti dell’edificio che abiteranno i nostri figli e nipoti, assieme all’Europa che vogliamo costruire, ma cambiando le pareti, i tramezzi, le porte e le finestre, le scale di accesso. Se non si tratta di poesia o di storia, bisognerebbe pertanto prendere le distanze da qualunque iniziativa che rivolga i suoi occhi al passato, ricorrendo a categorie oggi da toccare con i guanti sterilizzati, come quelle di destra, sinistra e centro; comunisti, socialisti e liberali; cattolici e laici; sinistra liberale e destra liberale; centro politico moderato e centro sociale; liberalismo e liberismo, borghesia e ceto medio; ecc. aspettando qualcuno che spieghi cosa sia il cattocomunismo di Bergoglio, mentre sappiamo con chiarezza cosa è il fondamentalismo e l’integralismo del Cardinale Muller difensore di Salvini. In caso contrario le precipitose, se non pericolose, “semplificazioni della complessità sociale e culturale” che ci sta di fronte, per dirla con Aldo Moro, ci porteranno lontani dalla realtà e dalla storia e ci faranno nascondere nei cantucci e nella coerenza della nostra tradizione. Il futuro è già scappato e non sembra seduto attorno al tavolo della politica apparecchiato con “centrini” . Ma compito di tutti i partiti politici che vogliono costruirlo, compreso il manipolo di cattolici democratici e popolari, è quello di scegliere il movimento anziché la staticità. Il domani anziché l’ieri. Il discernimento anziché l’appiattimento conoscitivo sul passato. Guardando sempre in lontananza a ciò che ci aspetta anziché a ciò che è alle nostre spalle. E non dimenticando mai l’attenzione verso gli ultimi anziché verso i primi, verso l’uguaglianza anziché verso la libertà, verso i diritti dell’uomo anziché verso i diritti della sola economia. E, per quanto ci riguarda, verso la trascendenza anziché verso l’immanenza.