Cristian Coriolano
Può darsi che scatti entro le 15 di oggi un auspicabile recupero di partecipazione. Sta di fatto che la domenica elettorale non è andata bene. Neppure la tradizionale aderenza alle vicende del proprio municipio ha garantito di rimuovere pigrizia o riluttanza, per mettere in salvo la liturgia del voto. Le passioni fredde, susseguenti alla caduta delle ideologie, sembrano generare comportamenti ancora più freddi.
I dati non sono confortanti. L’affluenza alle amministrative in questa prima giornata di voto è in forte calo. Il dato registrato da Eligendo, la piattaforma dedicata del Viminale, dopo le 23, dalle 5.378 sezioni valutate sulle 5.426 esistenti, è al 46,37 per cento, mentre nella tornata elettorale precedente era al 59,86 per cento. Alle 12, era al 14,21 per cento, e alle 19 al 37,21 per cento. Sono numeri che parlano di un meccanismo inceppato, come se una parte crescente dell’elettorato abbia smesso di coltivare speranze, forse considerandole illusioni.
È presto per tirare le somme, visto che bisogna attendere la chiusura dei seggi, anche con quel filo di fiducia di cui si è detto sopra. Avviene tuttavia che il dibattito su vinti e vincitori, appena iniziato lo spoglio e sull’onda degli exit poll, inghiotta rapidamente l’analisi sull’aspetto più asettico del voto – quello appunto della partecipazione – pur lasciando traccia come la bava di lumaca. Giova chiarire sul momento che il segnale finora registrato non può lasciare indifferenti; e se dovesse trovare conferma, allora esigerebbe una riflessione molto seria ed accurata. L’assenteismo, alla resa dei conti, mette in mostra una democrazia ripiegata su stessa.