L’Osservatore Romano | Intervista al direttore del Salone del libro di Torino

Sulla scia del libro di Cormac McCarthy (Il Passeggero), Nicola Lagioia invita a riconoscere che “noi siamo i passeggeri, i transitori, e questa è la fragilità della condizione umana”.

«Eroi», una parola usurata, offuscata dalla retorica, ma ancora necessaria. A dispetto della celebre frase di Brecht, ne abbiamo bisogno, oggi più che mai. Usa la parola eroi («eroi civili») Nicola Lagioia parlando di Giovanni Minzoni, Pino Puglisi e Lorenzo Milani, a pochi giorni dall’apertura del Salone del libro di Torino. Abbiamo bisogno di figure di riferimento luminose e di narrazioni dal respiro ampio, “alto”. Non a caso, la XXXV edizione del Salone — l’ultimo diretto da Lagioia, al timone dal 2017 — verrà inaugurata da Svetlana Aleksievič, Nobel per la Letteratura per gli affreschi corali fatti di testimonianze, frammenti di interviste, storie grandi o piccolissime con cui ha raccontato l’Unione Sovietica del ventesimo secolo. Abbiamo chiesto a Lagioia, a Roma per presentare Il passeggero di Cormac McCarthy (Einaudi, 2023), di raccontarci qualcosa della polifonia di voci che popolerà il Lingotto dal 18 al 22 maggio.

 

Un grande «brodo di cultura» (copyright Bernard Pivot) non sempre facile da cucinare, e sempre più abbondante.

 

Il Salone è cresciuto come numeri, e anche come metri quadri occupati dagli editori; ad esempio, l’Oval, uno dei padiglioni, fino a qualche anno fa non c’era. Scherzando, gli anni scorsi dicevo che il Salone avrebbe dovuto smettere di espandersi, perché il Lingotto quello è; a meno di spostarne le pareti sarebbe stato impossibile. Invece mi sbagliavo, sono stato smentito quest’anno. Se non in orizzontale, è successo in verticale, perché sul tetto del Lingotto c’era — c’è ancora, anche se non è più utilizzata per quello — la pista della Fiat dove un tempo venivano provate le macchine, oggi convertita dalla Pinacoteca Agnelli in una sorta di giardino pensile. Un luogo che ospiterà letture, incontri, lezioni.

 

Quest’anno si è aggiunto un altro ingrediente, il progetto «Chi dite che io sia?».

 

All’incontro del 20 maggio, moderato da Annachiara Sacchi, parteciperanno Sandro Veronesi, Antonio Spadaro e il cardinale José Tolentino de Mendonça. Sono felicissimo di questa collaborazione anche perché ho avuto il privilegio e il grande piacere di parlare con il cardinale, che è un grande esperto di letteratura. Parteciperà anche a un incontro con Massimo Recalcati, sempre il 20 maggio. Chiacchierando tra di noi, mi ha chiesto di Barry Gifford (doveva venire, poi non potrà esserci purtroppo) con cui gli sarebbe piaciuto confrontarsi. Quando una persona ti dice una cosa del genere vuol dire che è un grandissimo lettore. Nella mia esperienza di frequentazioni istituzionali per il Salone, non è una cosa così comune; a maggior ragione sono felice di questa collaborazione.

 

Ci saranno anche incontri dedicati a Teresa di Lisieux, a don Puglisi, a don Lorenzo Milani.

 

Quello di don Milani credo davvero sia un messaggio importante per i credenti come per i non credenti; è stato messo in ombra qual è il compito della scuola, negli ultimi anni. Don Milani diceva che non c’è niente di più sbagliato di fare parti uguali fra disuguali, non è vero che tutti partiamo dallo stesso punto di partenza. Si tratta di eroi civili, oltre che di persone importanti per la loro vocazione pastorale e religiosa; sono un patrimonio dell’Italia.

 

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