Il rischio più grande è che l’attivismo di Salvini si risolva nella equivocità di un disegno gravido di conseguenze sul piano della stabilità politica.  

La conferma di Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi corrispondeva, e in qualche modo continua a corrispondere, all’idea di un Paese che attraverso la sua classe dirigente riconosce la necessità di preservare un delicato e prezioso equilibrio politico. La difficoltà nasce quando si prova, come in queste ore, a costruire un equilibrio analogo con il passaggio di Draghi al Quirinale. Gli ottimisti interpretano i messaggi che filtrano dagli incontri di ieri come il preludio di un’intesa complessiva, sia sulla presidenza della repubblica che sulla presidenza del consiglio (ovvero sul governo). Gli altri, meno ottimisti, si limitano a riconoscere che il confronto sta producendo effetti positivi, se non altro perché si è formato un asse Salvini-Conte-Letta che potrebbe – il condizionale è d’obbligo – condurre a buon fine la partita.

A ben vedere, la prima giornata dei Grandi elettori si è chiusa in un clima di sospensione, senza un vero punto fermo. Anche la figura di Draghi è investita da una strana luce che ne rivela la forza derivante dal ruolo ricoperto e dal prestigio personale, come pure la debolezza conseguente alla incertezza delle prospettive, fino al rischio di pericolosi contraccolpi. Se non va al Quirinale, il problema si trasforma in un quesito molto semplice: quale altro candidato può garantire, alla stregua di Mattarella in questi mesi, la stabilità o la continuità della sua leadership di governo? Chi caldeggia l’ipotesi di Casini, il più solido dei nomi ricorrenti, deve smontare le preoccupazioni che aleggiano come nuvole gravide di tempesta su Palazzo Chigi.

In gioco, oltretutto, è la conferma dell’attuale maggioranza. Nata sotto la stella dell’emergenza, adesso si ritrova sottomessa al gioco più brillante e più incauto, quello che sconta la velleità dell’oltrepassamento nell’orizzonte dell’unitarismo, con l’appello, come si dice, a una “personalità autorevole e non divisiva”. Ecco, la  retorica in questo caso si scontra con la realtà: di regola un consenso più ampio, auspicabile senz’altro nel caso della elezione del Presidente della Repubblica, si raggiunge solo a condizione che si mantenga il consenso di una preesistente maggioranza. L’alternativa è che la piroetta dei giocolieri finisca in un atterraggio disastroso, ovvero con la dissoluzione del quadro politico esistente. 

Sventare tutti questi pericoli significa disporsi ad eleggere al Quirinale un altro Mattarella. Ad essere equanimi, in giro se ne vede solo uno, ed è proprio Mattarella. Videant consules…