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giovedì, 14 Agosto, 2025
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Anchorage, Putin, Trump e un tempo di realtà

Si terrà finalmente questo vertice e ci si guarderà in faccia tra i due big del pianeta, tutti gli altri ad origliare per intendere qualcosa oltre i comunicati ufficiali.

Il mondo è in apprensione. A ferragosto, si terrà un incontro tra Trump e Putin. Parleranno di Ucraina forse avvertendo il peso delle rispettive responsabilità o forse con il distacco di chi sa che si è lì solo per dare un segnale di buona volontà che non ha nulla a che fare con le vere intenzioni da portare avanti.

Un incontro tra segnali e verità

Si è eletto un posto che potrà ringraziare il conflitto in corso per aver ricevuto una notorietà altrimenti inaspettata. Tutto si svolgerà ad Anchorage e ci sarà da augurarsi che i protagonisti siano ancorati ai morti arpionati sotto terra, di una parte e dell’altra, e che non hanno alcuna voglia di risuscitare, così evitando l’incubo di essere ammazzati per una seconda volta.

Il peso dei caduti e la realtà della guerra

Con il loro peso i morti non chiedono strategie di fantasia per venire a capo ella vicenda ma semplicemente di essere contati al punto che si possa seccare la lingua di chi decide della faccenda e ci sia un ritorno alla realtà della carne oltre che della tasca.

Per esorcizzare i cadaveri ammucchiati su entrambe le sponde di guerra, i grandi della terra si parlano via call attenti a non pestarsi troppo i calli. Scambiarsi idee in questo modo è certamente più pratico che muoversi di persona con tutta l’organizzazione che ciò comporta.

Questo tipo di confronto è più sbrigativo ma ha l’inconveniente di mantenere una distanza che difficilmente fa scattare eventuali empatie, di quelle che accadono quando corpi e sguardi sono fisicamente a contatto. Ci si può allora limitare a comunicazioni di servizio e poco di più, si segna il proprio nome sul registro delle presenze e la faccenda finisce lì.

Ferragosto tra simboli e incognite

I giornali stanno con il naso puntato in attesa di qualche notizia che possa rimpinguare la scarsezza di fatti propri del periodo di stanca dell’estate. Trump e Putin hanno scelto il giorno esatto di metà agosto, quasi a voler spaccare la mela in due e vedere nel suo nucleo centrale se vi si annida qualche imprevisto minaccioso verme o se la polpa sia giunta ad opportuna maturazione.

In epoca romana Agosto, prima di celebrare Augusto, era chiamato più semplicemente “sextilis”, nulla a che vedere con roba di sesso come i contemporanei d’oggi sarebbero indotti subito a credere.

Speriamo soltanto che questo mese non rimpiombi nell’antica anonima conta e che lasci ancora un segno di sé. Comunque sia, si terrà finalmente questo vertice e ci si guarderà in faccia tra i due big del pianeta, tutti gli altri ad origliare per intendere qualcosa oltre i comunicati ufficiali. Ce n’è un terzo che ama il silenzio, al modo della cultura cinese parla poco e bada ai fatti. Molto dipende anche da lui e non sgomita peraltro per essere seduto da qualche parte.

Vertice: guardare oltre la convenienza

Vertice indica una sommità, il punto da cui si può sovrastare il prossimo ma anche cadere, perdendo l’equilibrio, e farsi non poco male. Dovrebbero essere capaci di accomodarsi per trovare posto in due senza l’uno spinga l’altro nel precipizio.

La parola assume anche un altro significato, assai più impegnativo. Ha il senso di volgere, di “vertere” lo sguardo verso un orizzonte più ampio della propria immediata convenienza non badando soltanto ad una chiacchiera su questo o quel pezzo di terra da consegnare o da prendere.

La terra è già servita per seppellire i morti ed altra ancora ne occorrerà. Se si contrattasse in prima istanza, a questo scopo, su quali campi cedere o acquisire, forse potrebbe esserci una nuova frontiera a cui ispirarsi per smettere subito di menare le mani, tornando ad una convivenza umana “meno belluina”, smettendo di “mangiarsi le carni del prossimo”. 

Diplomazia senza compiacimenti

È il tempo che questi morti abbiano ben chiaro che stanno seppellendo i loro morti e non si distraggano in altro.

È bene che la diplomazia non trovi compiacimento in se stessa, che non si perda in “bellurie stilistiche” così che i popoli del mondo non restino poi solo “pasciuti dal vento”.