Giulio Alfano: Andare oltre le nazioni

Oggi dobbiamo superare quel modello,per il quale la ragione si identificava con la ragione di stato perchè la nostra interdipendenza è gia di fatto globalizzata

Articolo pubblicato sulle pagine di http://www.istitutomounier.it a firma di Giulio Alfano, Presidente dell’Istituto Emmanuel Mounier.

Ancora oggi viviamo nell’era delle divisioni in nazioni e la nozione di sovranità dello stato territoriale risale al 1555 in occasione della dieta di Augusta con la quale Carlo V cerco di mediare con i principi dinastici i lunghi e cruenti conflitti di religione che insanguinavano l’Europa Cristiana,in quell’occasione fu coniato il principio “cuius regio eius religio” secondo il quale è colui che governa a decidere la religione dei propri sudditi. In questo senso la sovranità del principe già iniziata dalle teorie di Niccolò Machiavelli,Martin Lutero e Jean Bodin, decretava il diritto illimitato di proclamare ed applicare leggi vincolanti per chiunque si trovasse nei territori soggetti alla sua potestà. Si trattava di rendere legittimo il principio in base al quale un autorità suprema indivisibile e assolutamente non limitata da alcuna influenza esterna dettasse legge su un determinato territorio.Dopo quasi un secolo nel 1648 si arrivo alla pace di Westfalia sottoscritto a Osnabruck e Munster che rese praticamente concreto nella realtà politica il principio di Augusta,ovvero la sovranità di ogni principe sul suo territorio e su coloro che vi risiedevano,il suo diritto ad imporre a discrezione leggi positive oltre quelle individuali dei suoi sudditi,compresa financo la scelta del Dio da onorare.Sostituendo al termine “religio”,il termine “natio” si è costruita una cornice mentale che ha di fatto bloccato per secoli l’ordine politico dell’Europa moderna. Lo stato nazione!. In base ad esso la nazione si avvaleva della sovranità statale per separare “noi” da “altri” e riservarsi il diritto inalienabile di imporre un ordine vincolante per tutto il paese mente lo stato rivendicava la disciplina dei suoi sudditi invocando la comunanza di storia,destino ed etnia per cui stato e nazione coincidevano in un determinato territorio

Oggi dobbiamo superare quel modello,per il quale la ragione si identificava con la ragione di stato perchè la nostra interdipendenza è gia di fatto globalizzata,mentee sono gli strumenti politici,nello specifico i partiti, adesssere elementi di costrizione collettiva a resistere a qualsiasi ampliamento della visione politica. L’ordine democratico non ha più bisogno,semmai lo abbia mai avuto,di fondarsi su una idea radicata di nazione come comunità prepolitica e che perciò la forza e l’autorevolezza di uno stato costituzionale invece si fonda sulla capacità che dimostra di ricreare condizione sempre adeguate per l’integrazione sociale attraverso l’impegno plitico dei cittadini. La nazione non precede politica perchè questa è una comunità che si riproduce come organo naturale. Occorre xapire che lo stimolo all’integrazione politica e il modo di interpretarlo è costituito da una visione condivisa di una missione collettiva,una missione unica alla quale il corpo politico si senta predestinato per statuto operativo,ovvero il modo migliore per entrare in contatto con le differenze realtà esistenti è di cooperare in modo palese ed informale,senza regole prestabilite,vivendo quello che Emmanuel Mounier definiva “l’uomo situato”perchè le regole si definiscono spontaneamente attraverso la comunicazione,la parola che percepita viva è capacita di svelarsi dell’io segnato dalla continua potenzialità del dirsi.Per cui l’Europa o sarà personalista e fenomenologica o non sarà!!Ogni ritorno al passato dei “laudatores temporis acti” deve fermarsi a quando negli anni ’50 De Gasperi,Schuman,Adenauer crearono i primi passi della “Comunità europea” non dell’Unione” perchè solo la comunità oltre i confini,le confessioni,le tradizioni e gli egoismi potrà interrompere l’ideologia della dominanza che si sta facendo largo in questo continente che sovente ricorda i privilegi e poco le accoglienze dimenticando il grido che S. Giovanni Paolo II pronunciò all’ONU dopo il crollo del muro di Berlino:”…facciamo l’ONU dei popoli NON delle nazioni!”

prof. Giulio ALFANO-Presidente Istituto Emmanuel Mounier