APPALTI, ANCORA SERPEGGIA IL RICORSO AL MASSIMO RIBASSO: INVECE VA PRIVILEGIATA LA QUALITÀ.

Gli appalti in Italia muovono 200 miliardi. C’è una grande responsabilità nel modo in cui si spendono cifre così rilevanti. I bandi di gara possono essere confezionati in modo da sospingere le aziende verso scelte virtuose. Bisogna chiedersi che tipo di economia vogliamo. Se vogliamo costruire un mondo del lavoro più dignitoso e a misura d’uomo, la politica non può non tenere a mente una prospettiva che leghi i bandi a precisa clausole sociali.

Le elezioni si avvicinano, presto dalla campagna elettorale bisognerà passare all’attività di Governo. Vorrei suggerire a chi si candida a guidare il Paese di tenere in considerazione la necessità di una riforma ambiziosa degli appalti pubblici. Secondo gli ultimi dati Anac nel 2021 nel nostro Paese gli appalti hanno raggiunto il valore complessivo di 200 miliardi di euro. Le regole attraverso le quali si dà indirizzo alla spesa pubblica possono orientare il mercato in modo determinante, favorendo atteggiamenti più virtuosi da parte delle imprese e sospingendo la ripresa economica. 

C’è una grande responsabilità nel modo in cui si spendono cifre così rilevanti, le regole per le aggiudicazioni delle commesse pubbliche sono cruciali nell’indirizzare le politiche delle aziende. Troppo spesso ancora oggi vediamo appalti vinti da chi pratica i ribassi più forti sul prezzo. Il rischio è che a rimetterci sia la qualità dell’opera o del servizio realizzato. Quando poi ad essere aggiudicate sono attività nelle quali la componente della manodopera è prevalente (pensiamo ai servizi alla persona) il rischio è che a venire pregiudicato sia anche il lavoro: le imprese, costrette a competere sul prezzo, non potranno che contenere i costi della manodopera. 

Facciamo chiarezza: per le attività a manodopera prevalente il criterio del massimo ribasso è stato superato dal criterio dell’Offerta Economicamente più Vantaggiosa (OEV), che all’elemento del prezzo unisce componenti qualitative. Notiamo però che, malgrado le intenzioni del legislatore, troppo spesso il prezzo fa premio sulla qualità. Ci vorrebbe il coraggio di una scelta radicale: per i servizi alle persone non competere più sul prezzo, ma solo sulla qualità. Il codice unico degli appalti, già ora prevede la possibilità per la stazione appaltante di bloccare il prezzo della base d’asta e di far competere le aziende solo su elementi qualitativi, organizzativi, progettuali. Una scelta di questo tipo spingerebbe le imprese a valorizzare la qualità e l’efficienza, piuttosto che a fare tutto il possibile per abbassare il prezzo. 

I bandi di gara possono essere confezionati in modo da sospingere le aziende verso scelte virtuose oppure in direzione opposta. Bisogna chiedersi che tipo di economia vogliamo. Nel rispondere a questa domanda il tema degli appalti pubblici è centrale: ancor più che spendere poco, è necessario spendere bene. A Bologna nel 2019 le parti sociali hanno firmato con Comune e Città metropolitana il Protocollo Appalti, fortemente voluto dal mondo cooperativo. In tale documento si prevede espressamente “l’utilizzazione di formule che facciano prevalere in modo significativo la qualità sul solo prezzo”. Purtroppo però troppo spesso l’elemento del prezzo continua di fatto a prevalere. Quanto il mondo cooperativo propone qui a Bologna è di espungere il prezzo dai criteri di aggiudicazione degli appalti per i servizi alle persone. In questo modo, il prezzo verrebbe deciso dalla stazione appaltante e la competizione tra le offerte delle aziende si limiterebbe alla sola qualità. Continuiamo poi a chiedere di limitare al minimo l’applicazione del criterio del massimo ribasso in tutte le gare.

Per valorizzare il lavoro poi auspichiamo l’introduzione nei bandi di gara di clausole sociali, che favoriscano quelle imprese che, come le cooperative sociali, praticano l’inclusione lavorativa di soggetti fragili, lavoratori svantaggiati per i quali sarebbe difficile trovare una collocazione sul mercato del lavoro, ma che nell’adeguato contesto lavorativo possono avviare percorsi di emancipazione e di autonomia altrimenti inimmaginabili. Se vogliamo costruire un mondo del lavoro più dignitoso e a misura d’uomo, la politica non può non tenere a mente questa prospettiva. Le buone pratiche e le sensibilità che provengono dai territori possono aiutare a questo scopo.

 

Daniele Ravaglia 

Presidente di Confcooperative Bologna e di Alleanza Cooperative Bologna (unione delle tre grandi realtà cooperative: Agci, Confcooperative e Legacoop), nonché Direttore Generale della “Emil Banca-Credito Cooperativo”.