Armida Barelli, il lungo viaggio delle donne verso la partecipazione democratica.

L’appuntamdnto è per lunedì prossimo a Montecitorio quando sarà presentato il libro di Ernesto Preziosi su Armida Barelli (1882-1952). L’evento cade nella ricorrenza del discorso di Pio XII alle donne cattoliche del 21 ottobre del 1945.

 

“Tua res agitur. Le sorti della famiglia, della convivenza umana…sono nelle vostre mani”. Le parole del papa alle 15000 persone presenti, donne dell’A.C, del CIF, delle ACLI, della DC appena costituita, con una sottolineatura della uguale dignità di donne e uomini nella sfera pubblica.

È il riconoscimento di un lungo percorso di consapevolezza e di crescita culturale che ha permeato la formazione spirituale e umana delle donne cattoliche dal primo dopoguerra e questo percorso ha una protagonista soprattutto: Armida Barelli, presidente dal 1918 della Gioventù Femminile di A.C., cofondatrice e strenua sostenitrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Animatrice della fioritura di associazioni nel mondo cattolico già nel primo dopoguerra e alla fine della dittatura fascista, quando forte comincia a essere la partecipazione femminile; una partecipazione che contribuirà in maniera determinante alla ricostruzione del Paese e alla costruzione della vita democratica.

Alla guida della Gioventù Femminile crede fermamente nel valore della formazione, sia umana che spirituale e non abbandona questa prospettiva neanche negli anni bui della dittatura fascista e della guerra, preparando una intera generazione al processo di rinascita del dopoguerra e alla costruzione della convivenza democratica. Infatti l’investimento sulla formazione, sviluppato e custodito negli anni del regime offre alla neocostituita Democrazia Cristiana e al paese la classe dirigente che guiderà la ricostruzione, garantendo l’unità nazionale e il passaggio difficile dalla monarchia alla repubblica. Si riversa nell’agone politico un laicato di donne e uomini responsabili e culturalmente radicati nei valori cristiani.

In vista delle elezioni del plebiscito e delle elezioni dell’Assemblea Costituente Armida gira l’Italia in lungo e in largo, scrive sulla rivista “Squilli” chiamando le donne all’esercizio del voto per una Costituzione cristianamente ispirata. La sua G.F. è il primo modello di organizzazione femminile di massa in cui la soggettività femminile è un tutt’uno con la esperienza di fede. L’esercizio del voto è il riconoscimento di questa soggettività e insieme una responsabilità da assumere con consapevolezza.

Ma l’investimento sulla formazione per Armida Barelli continua, non si ferma con l’elezione dell’Assemblea  Costituente. Sa che la democrazia è un processo complesso, che le sirene della lotta di classe come ricerca della giustizia sociale  e di una prospettiva solo storica e immanente della vita umana sono in agguato. Il Comunismo, percepito come nemico della  religione, è  una prospettiva che va allontanata con impegno missionario per diffondere invece gli ideali di una società cristianamente ispirata. Lasciata la G.F. per la vicepresidenza dell’Azione Cattolica promuove la “Missione religioso-sociale”, un tempo di “aratura cristiana” che la porta a girare nelle  diocesi italiane per un’opera di educazione sociale e politica in vista delle elezioni politiche del ’48.

È un lavoro di sinergia con il partito della DC, non propaganda, ma il convincimento di contribuire a “portare l’Italia verso la pace, il lavoro, la giustizia sociale e la religione”.

Il partito è lo strumento per veicolare nella politica, nelle Istituzioni gli ideali della società cristiana. Nel dibattito sui rapporti tra mondo cattolico e politica, in vista delle elezioni del 1948, Armida si esprime per favorire l’unità dei cattolici intorno alla DC anche con immissione di candidati dell’A.C. nelle liste, contro le propensioni “qualunquiste” di alcuni.

Svolge con passione questo ultimo impegno, certamente politico, certamente finalizzato a creare una consapevolezza collettiva dei cattolici sui temi della democrazia e della partecipazione.

Armida Barelli protagonista della storia del movimento cattolico, della storia delle donne italiane. A lei dobbiamo la formazione spirituale, civica e sociale di una generazione di donne che ha contribuito alla nascita della democrazia, al suo irrobustimento quotidiano, sia sul piano dell’azione politica, con leggi che hanno progressivamente garantito diritti e parità, sia sul piano sociale con la capacità di resilienza  nei cambiamenti epocali che hanno segnato il ‘900.

Famiglie, città, campagne, fabbriche, uffici, scuole, comunità ecclesiali: luoghi attraversati dalle Donne del ‘900 con sofferenza, discriminazioni, fatica, nella costanza del lavoro di cura che non è mai venuto meno e che ha sostenuto come una rete invisibile i momenti più difficili della nostra storia. La loro emancipazione è stata determinante nei cambiamenti culturali, la loro forza elemento di coesione sociale nelle tempeste.

A queste donne dovremmo ancora ispirarci nei giorni in cui la nostra democrazia mostra le sue crepe per una politica debole, autoreferenziale, spesso lontana dalla realtà. Con queste donne ripensare i valori della partecipazione consapevole e gratuita, scrutare il presente per cogliere con intelligenza i problemi e le soluzioni, esercitare con discernimento la forza di opinioni pubbliche sui temi che interessano la comunità. Perché forse il presente e il futuro sono ancora nelle nostre mani.