Autonomia: i conti a rischio

Questa situazione è voluta dall’attuale classe politica che fonda la sua azione, il più delle volte, sulla superficialità di analisi che ha contribuito a rendere fragile la situazione economica oggi in evidente affanno.

E adesso, dopo la discussione sul reddito di cittadinanza e sulle grandi opere infrastrutturali, si parla di autonomia delle Regioni a Statuto ordinario. Tutto ciò succede senza un benché minimo disegno generale per il Paese che si vuole rimodellare riformandolo, bensì utilizzando temi che, di volta in volta, vengono tirati in ballo a seconda delle situazioni legate a opportunità del momento.

Questa situazione è voluta dall’attuale classe politica che fonda la sua azione, il più delle volte, sulla superficialità di analisi che ha contribuito a rendere fragile la situazione economica oggi in evidente affanno.
Infatti, l’incoerenza delle decisioni del Governo hanno portato gli operatori economici stranieri a frenare gli investimenti in Italia e gli imprenditori locali a rallentare le loro intraprese a causa della confusione generata da una politica che non decide perché preferisce rinviare le scelte di semplificazione burocratica, di riduzione delle tasse, di sviluppo e di innovazione.

Tornando alla questione dell’autonomia regionale, è chiaro come si stia procedendo in maniera maldestra senza considerare l’approntamento di un progetto complessivo che interessi tutte le regioni e non solo alcune come sta accadendo.
Ciò nonostante non è certamente facile arrivare al compimento di una politica di decentramento in favore di tutte le Regioni con lo Stato che si limita a governare solo una parte di competenze legiferando e impartendo direttive al sistema degli enti periferici (Regioni, Province e Comuni).

C’è poi anche un altro tema che resta sul tappeto e che si presenterà di fronte a questo progetto, beninteso venisse proposto allorché ad oggi ancora non c’è: il depauperamento dei ministeri romani. Prima di procedere a qualsiasi trasferimento di risorse, sarebbe necessario fare delle quantificazioni esatte della spesa attualmente sostenuta dalle amministrazioni statali, anche perché quelle stesse amministrazioni dovranno essere “ridimensionate” a seguito del trasferimento di risorse alle regioni. Per alcuni ministeri, come quello dell’istruzione, lo svuotamento sarebbe rilevante con centinaia di migliaia di dipendenti che dovrebbero passare dall’amministrazione centrale a quella periferica, un quarto del totale qualora il problema riguardasse solo alcune Regioni del nord. Quindi come si può facilmente capire, qualcosa di più di tre o quattro nodi politici che il Governo e la sua maggioranza devono affrontare.

Allo stato attuale, quindi, la richiesta di autonomia delle tre Regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si è conclusa con un nulla di fatto in quanto l’accordo per la parte finanziaria con il Ministero del tesoro è tutt’altro che raggiunto. Certamente non sarà questo che potrà risolvere un problema che per sua natura è molto più ampio e complesso benché una parte politica del Governo non intende far vedere. Ha ragione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando esorta la politica ad approfondire le problematiche e a non limitarsi alla superficialità delle questioni. E, nel caso del decentramento di poteri alle Regioni, lo studio da parte della politica deve essere molto approfondito, capace di plasmare una riforma di termine con visione quanto meno decennale.

Diversamente il rischio concreto è quello di scassare il sistema istituzionale che regola un processo per un buon andamento della società.