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domenica, 6 Luglio, 2025
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Autonomia non è privilegio: la sanità deve essere uguale per tutti

La vicenda di una ragazza diabetica esclusa dal bonus provinciale in Alto Adige riapre il dibattito sulla residenza come criterio discriminante. L’autore reclama giustamente l’uniformità di diritti nel campo della salute.

Quando la residenza diventa ostacolo

Sul quotidiano Alto Adige è stata pubblicata una notizia che suggerisce ulteriori approfondimenti: due genitori hanno segnalato che alla figlia minorenne affetta da una patologia diabetica di tipo 1 è stato negato il cosiddetto “bonus diabetico” in quanto il nucleo familiare non risiede in provincia di Bolzano da almeno 5 anni.

Il requisito della residenza sta diventando escludente su molti aspetti del vivere in regione: la casa e la salute in primis. Ricordo che la Corte Costituzionale, con sentenza del 3 gennaio 2025, ha dichiarato illegittima la norma che richiede in Trentino il requisito dei dieci anni per accedere all’edilizia pubblica. Se l’autonomia diventa privilegio, può generare discriminazioni.

Il monito del Presidente e larticolo 3 della Costituzione

In tema di sanità – peraltro qui davvero eccellente – ricordo ancora che il Presidente della Repubblica ha recentemente raccomandato uniformità di erogazione dei servizi e di trattamento sull’intero territorio nazionale. L’articolo 3 della Costituzione richiama solennemente questo prevalente principio di uguaglianza e invita la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono l’attuazione. Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, in diritti e doveri.

Inclusione: parola o realtà?

Peraltro – venendo qui da anni – noto che spesso viene usato il termine “inclusione” come valore aggiunto e dirimente della cultura locale. All’atto pratico, però, questa parola si riduce sovente a un mero flatus vocis. Segnalo a questo proposito il caso di una cittadina italiana che risiede in Alto Adige da nove anni: suo padre è sepolto nel cimitero locale, ma non riesce a far venire con sé la madre invalida al 100% che vive in Germania su una sedia a rotelle. Non viene accettata in una casa di cura perché non residente, anche se ciò impedisce paradossalmente la riunione del nucleo familiare, un valore affettivo incommensurabile e da tutelare oltre la mera burocrazia.

Lei dove è residente?

La domanda che sovente viene posta a chi si rivolge ad ambulatori per cure e prestazioni è: “Lei dove è residente?”. A volte è imbarazzante, altre umiliante: dipende dal tono con cui viene posta, come se dovessi giustificarmi della mia “italianità”. Come se la provincia di Bolzano non facesse parte della Repubblica Italiana.

Dal trattato Gruber-De Gasperi questo tema è all’ordine del giorno: alcune questioni sono sfumature, altre sono cardini di civiltà giuridica. Sarebbe ora che qualcuno chiarisse che la residenza è un diritto elettivo che discende da interessi personali prevalenti e, soprattutto, che i principi costituzionalmente garantiti non sono negoziabili per razza, censo, religione, cittadinanza. E neanche per territorialità.

Come diceva quel mugnaio di Potsdam: ci sarà pure un giudice a Berlino… ma sicuramente ce n’è uno anche a Roma.