Banca d’Italia, il direttore generale valuta insufficiente la digitalizzazione nei servizi pubblici

Luigi Federico Signorini, parlando ieri a Firenze sull’economia digitale, ha evidenziato i ritardi (non incolmabili) dell’Italia nel settore. Pesa la situazione nel nostro Mezzogiorno. Di seguito uno stralcio della relazione.

[..] Un altro ambito nel quale l’applicazione della tecnologia digitale può apportare grandi vantaggi sono i servizi pubblici. È un punto importante soprattutto nel nostro paese, dove la qualità scarsa, o almeno diseguale, dell’azione pubblica incide sulla vita dei cittadini e frena la competitività del sistema produttivo. Per intervenire occorrono però competenze adeguate, e un atteggiamento delle amministrazioni orientato un po’ di più all’efficacia delle procedure e forse un po’ meno all’iper-sicurezza legale e burocratica.

L’indice DESI dell’economia e della società digitali, sviluppato dalla Commissione europea, vede i paesi del Nord Europa ai primi posti; paesi come la Grecia e la stessa Italia mostrano invece ritardi, determinati dall’insufficiente dotazione di capitale umano e dall’inadeguatezza dei servizi digitali delle amministrazioni pubbliche. L’Italia ha migliorato un po’ la propria posizione nelle ultime indagini, grazie alla maggiore diffusione delle tecnologie digitali tra le imprese, a sua volta riconducibile tra l’altro all’introduzione della fatturazione elettronica e alla rapida adozione delle tecnologie cloud. I ritardi dunque non sono incolmabili; ma occorre agire in modo tempestivo e mirato, partendo dai punti deboli evidenziati dai dati.

Sono notevoli anche le differenze tra regioni italiane. Un indicatore regionale (“r-DESI”), sviluppato dalla Banca d’Italia, fa vedere – e non è una sorpresa – che le regioni del Centro Nord si collocano al di sopra della media nazionale e sono in linea con i maggiori paesi europei; il Mezzogiorno fatica a recuperare. Alla vigilia della pandemia (ultimo dato disponibile), l’indicatore collocava la Toscana in settima posizione, in linea con la media (ce ne ha parlato il direttore Venturi).

Al livello di impresa, l’eterogeneità nell’adozione delle tecnologie digitali avanzate, come l’intelligenza artificiale, i big data, l’internet delle cose e la robotica, è ancora più evidente. Questi divari sono influenzano fortemente i differenziali di performance tra imprese leader e imprese in ritardo. Nel nostro Paese la dicotomia è particolarmente pronunciata. La trasformazione digitale riguarda principalmente le aziende più mature e più grandi.

Uno studio condotto da ricercatori di Banca d’Italia, Istat e Ocse identifica nel capitale umano di lavoratori e manager uno dei principali fattori interni associati alla digitalizzazione delle imprese italiane. Data l’elevata complementarità tra competenze umane e tecnologia, le imprese in cui è più elevata la quota di lavoratori dotati di istruzione superiore sono quelle che mostrano sia una propensione più elevata all’adozione di tecnologie avanzate, sia la capacità di trarne i maggiori benefici di produttività. La diffusione della tecnologia digitale risente inoltre della disponibilità di collegamenti in banda ultra larga e della prossimità di corsi di laurea nelle materie scientifiche; quest’ultimo effetto è più intenso per le imprese medio-piccole, che dipendono di più dall’offerta di lavoro locale.

La scolarità media in Italia è minore che altrove, con la conseguenza di un’offerta limitata di lavoratori qualificati. Anche il livello delle competenze per data scolarità è relativamente poco soddisfacente, come continuano a mostrare le indagini internazionali. […].

 

Per leggere il testo integrale della relazione

https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir-2023/Signorini-21.09.2023.pdf