Berlinguer e Berlusconi insieme…malgrado tutto.

Enrico e Silvio sono stati sinceramente amati. Di questi tempi c’è un popolo in attesa di innamorarsi ancora ma non sa a chi rivolgere il proprio afflato.

È di questi giorni l’anniversario di due leader politici che hanno segnato la storia politica nazionale come ben altri pochi. Per singolare combinazione il capo del PCI, Enrico Berlinguer, nella morte, ha preceduto di un giorno dello stesso mese, Silvio Berlusconi, il fondatore di Forza Italia scomparso il 12 giugno. Hanno dato l’addio alla vita in anni diversi, ma quanto al mese, sembra proprio andati sotto braccio.

Sobrio il primo e scanzonato l’altro. Differenze abissali di stile personale, politico e di interpretazione del ruolo. Entrambi coraggiosi all’inverosimile. Enrico che chiama l’autonomia del suo partito dal PCUS e Silvio che conquista la Presidenza del Consiglio, sbaragliando il campo della comatosa Prima Repubblica per dare inizio ad una sua seconda stagione.

Avevano in comune un dato che forse nessun altro politico può vantare. Sarà forse perché avevano nel cognome una stessa radice. Berl-inguer e Berl-usconi avevano un marchio che sopravanzava chiunque altro volesse mettersi con loro in competizione. Si tratta di una comunanza emersa proprio con la loro morte e che piaccia o no li destina insieme nel ricordo emotivo. Per loro vanno scomodati i sentimenti del dolore e del senso di abbandono di una società che, senza i due personaggi, ha registrato un vuoto che altri, fuori da espressioni di retorica, difficilmente potranno colmare.

Alle esequie di Berlinguer, a cui diede omaggio persino anche Giorgio Almirante, l’allora Segretario del vecchio MSI, migliaia di persone con il braccio alzato ed il pugno chiuso gli resero onore. Molti piansero, intimamente feriti per un compagno che avevano stimato e ancor più amato. Al funerale di Berlusconi, il popolo di Forza Italia ha patito la stessa tristezza e costernazione. Se ne andava un amico vero, capace di lanciarsi impavidamente nella avventura e di strapparti un sorriso anche se quel giorno ti girava male.

I due “Berl” hanno tirato, ciascuno con il suo modo, sberle pesanti alle regole del mondo in cui si muovevano. Hanno fatto sberleffi a quanti li contrastavano, non conoscendo forme di intimorimento. Al primo è andato sempre ogni forma di rispetto anche dei partiti che gli si opponevano. Quanto al secondo, hanno sempre provato a metterlo alla berlina ma è andato dritto per la sua strada, forte di un super io che non si lasciava intimidare dal prossimo che lo avversava. Per molti è stato Berlicche, il diavolo del celebre racconto di Lewis, per altri l’uomo della libertà.

Enrico e Silvio sono stati sinceramente amati. Questa è la caratteristica che non sembra possa appuntarsi ad altre figure politiche, tanto meno di questi tempi. “Amor ergo sum”, sono amato e quindi ha avuto significato il mio vivere, è quanto entrambi potrebbero dirsi raccontando il loro passaggio terreno. C’è un popolo in attesa di innamorarsi ancora ma non sa a chi rivolgere il proprio afflato. Per molto tempo ancora l’orizzonte non proporrà altro che rimpianto.