La sfida politica è tutta aperta. Ma l’obiettivo prioritario è uno solo: un’area di centro ha un senso solo se riesce ad essere il futuro “baricentro” della politica italiana. Un baricentro che esprima e declini sino in fondo una cultura di governo. In definitiva, si tratta di un progetto che non tollera rancori, invidie, pregiudiziali personali e pregiudizi di ogni sorta.
Le recenti elezioni amministrative ci consegnano numeri e dati che la percezione popolare ci aveva già anticipato. Ormai, per fare un solo esempio concreto, rimane solo più Pagnoncelli a dirci, periodicamente, che i 5 Stelle hanno un consenso che supera saldamente il 15%. Tutti sanno, tranne Pagnoncelli appunto e pochi altri, che quel partito è ormai arrivato irreversibilmente al capolinea. Su questo, Renzi, da fine politico qual’è anche se spregiudicato, l’ha colto da mesi.
Ma, al di là del crollo definitivo dei 5 Stelle, della flessione pesante della Lega salviniana – anche qui un dato largamente anticipato -, dell’aumento consistente del partito della Meloni grazie alla bravura, checchè se ne dica, della segretaria nazionale di quel partito e della tenuta del Pd seppur accompagnato da sconfitte cocenti in alcune grandi città, quello che va colto e che emerge in modo inequivocabile da questa tornata amministrativa è la novità del voto centrista o moderato o liberal democratico. I voti alle liste dei partiti di centro o di quelle liste civiche che non si riconoscono in questo “bipolarismo selvaggio” – e non, invece, in un bipolarismo normale e fisiologico – evidenziano che questo spazio politico cresce nel nostro paese. Uno spazio politico che, dopo la sbornia populista, demagogica e giustizialista interpretata in modo magistrale dal partito populista per eccellenza, cioè i 5 Stelle di Grillo e di Conte, emerge in modo esponenziale.
Ora, però, quello che conta politicamente è far sì che questo centro che rinasce – e che non si può legare soltanto ai dispetti e ai rancori di qualche presunto “capo” – sappia trasformarsi realmente nel “baricentro” della politica italiana. E, soprattutto, che sia un baricentro che declini in modo autorevole e credibile quella cultura di governo che sino ad oggi ha stentato ad imporsi con altrettanta autorevolezza e credibilità. C’è chi parla di “area Draghi”, seppur senza Draghi candidato e, soprattutto senza “il partito di Draghi”. Ma, comunque sia, si tratta di un’area centrista che ambisce a diventare centrale nelle dinamiche politiche concrete.
Certo, è un’operazione che richiede la massima unità di tutte quelle forze politiche, movimenti e realtà civiche che puntano deliberatamente a costruire una politica di centro con uno strumento politico ed organizzativo di centro. Ovvero un partito. Un progetto che non tollera rancori, invidie, pregiudiziali personali e pregiudizi di ogni sorta. Chi si fa portatore di questa sub cultura e di questi comportamenti puerili punta semplicemente a far fallire il progetto e non a promuoverlo.
Ecco perchè la sfida politica è tutta aperta. Ma l’obiettivo prioritario è uno solo: un’area di centro ha un senso solo se riesce ad essere il futuro “baricentro” della politica italiana. Un baricentro che esprima e declini sino in fondo una cultura di governo. Cioè, detto in altri termini, che sappia essere sino in fondo il punto di maggior equilibrio e di garanzia, e per eccellenza, del sistema politico italiano. E non solo una sommatoria di sigle.