BONINI, «I CATTOLICI DEMOCRATICI DOVREBBERO INTERROGARSI SERIAMENTE SULLA LORO STORIA»  

Qual è l’orizzonte dei cattolici democratici? «La rinascita di un partito cattolico è estremamente complessa. Sarebbe necessaria l’istituzione di una leadership in grado di rispondere alle istanze di oggi.» Intervista a Francesco Bonini, Rettore della Lumsa.

A poche settimane dal Congresso che determinerà la nuova linea del Pd, i democratici popolari alzano la voce e rivendicano la loro dignità di fondatori di un partito ideato per attuare una politica nuova sulle basi di una leale collaborazione tra le parti. Concepita con questi inviolabili principi, l’unione tra Popolari e Democratici di sinistra aveva tutte le premesse per dare nuova linfa vitale alla democrazia dell’Italia e alla rinascita della nazione. Ma quello che aveva tutti i presupposti di un matrimonio d’amore, si è risolto alla fine in un’arida unione di interessi di parte. Il risultato è stata la vittoria delle destre più radicali al governo dell’Italia,  una disordinata corsa verso il potere e, in breve, il caos del nulla.

A puntare i riflettori sulla situazione che si è venuta creando, è intervenuto prima il convegno tenuto a Palazzo Altieri sul tema “Dov’è il futuro? I luoghi del nuovo Umanesimo” e, a distanza di tre giorni, l’incontro organizzato e presieduto da Pier Luigi Castagnetti, sul tema ”I cattolici Democratici nella politica di oggi” con l’inquietante domanda “ancora utili oggi?” Il primo incontro, presieduto dal vice presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo, Giuseppe Fioroni e introdotto dal Direttore de “Il Domani d’Italia” Lucio D’Ubaldo, ha costituito il preludio del dibattito sul ruolo dei cattolici nella nuova fase della politica italiana. I contributi alle due riunioni sono stati di altissimo livello e di grande partecipazione, anche se forse sono mancati quell’ardore della passione e quell’entusiasmo che sono sempre necessari a smuovere il macigno della delusione e a dare vita ad una nuova formazione politica. Ma è noto, noi siamo un popolo che dalla asprezza delle prove riesce sempre a trarre la forza per risorgere. Tra gli interventi che si sono susseguiti al convegno di Palazzo Altieri, particolarmente incisivo ci è parso quello del prof. Francesco Bonini, Rettore dell’Università Lumsa, storico e studioso di scienze politiche di fama internazionale, già consigliere per le Riforme istituzionali del nostro grandissimo Leopoldo Elia, allora ministro nel governo Ciampi. 

Lo abbiamo intervistato.

Professore, il 16 dicembre scorso, si è svolto a Palazzo Altieri di Roma un convegno sulla ricerca di un nuovo Umanesimo. Nel suo intervento, tra i tanti mali di questi nostri tempi, lei ha denunciato in particolare la perdita di due intere generazioni. Quali le cause di tanto sfacelo e quali rimedi riterrebbe ancora possibili? Cosa si dovrebbe fare, per esempio, per la scuola? 

Sono convinto che una delle cause principali di questa crisi generazionale consista nella adozione di una formazione sempre più funzionale al presente, limitata al presente stesso e con una rinuncia progressiva alla metodologia critica. Il fenomeno è iniziato circa una ventina di anni fa, agli inizi di questo millennio ed è andato progressivamente aggravandosi. Ora sarebbe necessario prendere atto della forte necessità di dare una risposta concreta alla domanda di educazione, naturalmente presente nei giovani nel corso del loro processo formativo, che non può essere ignorata. In concreto, e il fenomeno non è limitato al campo dell’educazione, abbiamo importato un modello di formazione americano, senza provvedere ad adeguarlo alla cultura e, più in generale, alla preesistente struttura europea. Si è trattato di un trapianto riuscito soltanto in parte e con i risultati che vediamo.

Stiamo assistendo all’inquietante fenomeno dell’assenteismo dalle urne, in costante aumento ad ogni scadenza elettorale, che erode la democrazia e rischia di spalancare le porte ad un regime autoritario. La gente non si sente più rappresentata da candidati che è chiamata ad eleggere e che, al tempo stesso, vengono imposti senza possibilità di scelta. Basterà una nuova legge elettorale a risolvere questo problema che si fa sempre più pressante?

Quante leggi elettorali sono state varate fino ad oggi e con quali conseguenze? Il fatto è che cambiando gli ordini degli addendi, il risultato non cambia. Gli elettori mutano le loro scelte, migrano da un partito all’altro, ma il numero delle presenze alle urne continua a diminuire. Gli elettori hanno maturato l’idea che l’offerta sia assimilabile senza sostanziali differenze di bandiera e che l’unica discriminazione di rilievo consista nel contrasto tra il vecchio e il nuovo. Premesso che l’alto tasso della partecipazione elettorale è un fenomeno nuovo e circoscritto al XX secolo, io credo che oggi sarebbe necessario prendere in esame ogni antefatto che precede le elezioni. Infatti il voto è soltanto il risultato ultimo di un processo che è rimasto estraneo ai cittadini. Se gli elettori fino al momento di recarsi ai seggi non hanno partecipato ad alcuna discussione politica, non hanno parlato, se il voto resta l’unico mezzo che consenta loro di esprimersi, è logico che restino in silenzio, cioè rinuncino a dare una preferenza. Ormai i cittadini non concepiscono più il valore della libertà e la necessità di combattere per difenderlo. Ormai siamo tutti pacificati e, quindi, imbelli.     

Il convegno sul nuovo Umanesimo ha preceduto di soli tre giorni l’incontro organizzato dalla Associazione “I Popolari” presieduta da Pierluigi Castagnetti, sul tema del ruolo dei cattolici democratici nella politica di questi nostri giorni.  Crede che ci sia ancora spazio oggi per un’azione dei cattolici utile al nostro Paese?  In particolare, crede che i cattolici popolari farebbero sentire con maggiore efficacia la loro voce in un partito nuovo, scisso dall’attuale Pd nel quale molti non si sentono più rappresentati, oppure ritiene più utile una decisa battaglia all’interno del Partito stesso?  

Il mondo cattolico italiano è oggi l’unica  agenzia formativa, nel panorama di un male politico che è peraltro diffuso in tutte le rappresentanze politiche del nostro Paese. I cattolici democratici, che rappresentano una delle aggregazioni più significative del mondo cattolico politico italiano, si dovrebbero porre seri interrogativi sulla loro storia. Erano uniti pur nella loro diversità e la loro unione era intesa come una pressione della gerarchia ecclesiastica sul laicato, con una convergenza degli interessi della Chiesa con quelli del mondo cattolico. Quando i cattolici decisero di rinunciare alla loro unità, la Dc si sciolse.  L’unità politica dei cattolici, che è fra l’altro una caratteristica tutta italiana, vive fino a quando esiste un soggetto capace di interpretarla nella sua interezza. Ora la situazione politica e sociale è profondamente mutata e la rinascita di un partito cattolico è estremamente complessa. Sarebbe necessaria l’istituzione di una leadership in grado di rispondere alle istanze di oggi, una comunità di intenti ed una grande capacità di comunicazione, con le relative strutture adeguate alla iniziativa.