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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Brics, la governance globale anche col loro contributo.

Il XVI Vertice Brics chiusosi ieri a Kazan in Russia sembra aver definitivamente consacrato questa associazione di stati come uno dei protagonisti della scena globale, insieme ai Paesi G7 e ad altre organizzazioni internazionali.

Di fronte ad una ascesa così rapida sulla ribalta mondiale dei Brics, sorti nel 2009, prima nel formato a quattro, costituito da Brasile, Russia, India, Cina, a cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2011, e poi allargati a partire dal primo  gennaio di quest’anno a Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti e Iran, si impone la necessità di approfondire la loro conoscenza anche per poter definire le strategie migliori rispetto ai cambiamenti avvenuti nel mondo.

È quello che si è cercato di fare ieri all’incontro per una prima valutazione a caldo dei risultati del vertice di Kazan presso il Centro Russo di Scienza e Cultura, promosso dall’“Istituto Diplomatico Internazionale” di Roma in collaborazione con il Laboratorio Brics dell’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali (Eurispes).

Tra i punti chiave in tema di Brics vi è quello, decisivo, della postura internazionale di questo Coordinamento, che raggruppa più del 40% della popolazione mondiale e rappresenta circa un terzo del pil globale, all’incirca alla pari con i Paesi del G7. Che si autodefinisce non un soggetto contro qualcuno, ma per qualcosa, per la riforma della governance globale. O, come ha osservato a Kazan  il presidente dell’India Narendra Modi, non un’associazione “anti” occidentale ma solamente “non” occidentale.

Il vero collante dei Brics, a giudizio di Marco Ricceri, coordinatore del Laboratorio Brics dell’Eurispes, è costituito dall’integrazione interna, che ormai sta raggiungendo i settori più diversi, da quelli culturali a quelli scientifici a quelli economici, fiscali, doganali. L’intento comune  è quello di costituire un sistema di scambi e di relazioni non necessariamente alternativo a quello occidentale ma certamente autonomo, seppur non separato o disconnesso.

In questa direzione si è mossa la presidenza russa dei Brics, che prima di passare il testimone al Brasile che assumerà la presidenza annuale per il 2025, rivendica i risultati ottenuti. Risultati che sono stati riassunti da un consigliere dell’Ambasciata russa a Roma, Mikhail Rossiysky, che ha definito i Brics come una delle piattaforme della cooperazione globale. Uno fra i maggiori risultati è stato quello della gestione dell’allargamento, dando la priorità alla armonizzazione fra i nove Paesi membri (più l’Arabia Saudita che potrà divenirlo quando lo riterrà opportuno, avendo già ottenuto, e mai respinto, l’invito ad aderirvi). Ma non per questo eludendo le attese dei Paesi che hanno fatto domanda di adesione. Da Kazan è uscito il formato di Paesi Partner Brics che comprende i seguenti tredici Paesi:  i nostri vicini mediterranei Algeria e Turchia (che è anche nella Nato), l’europea Bielorussia, Bolivia e Cuba, Nigeria e Uganda, Kazakistan, Uzbekistan, Indonesia, Malesia, Thailandia e Vietnam.

Rilevanti appaiono anche i progetti avviati per rafforzare i legami economici fra i Brics, le infrastrutture dei trasporti e quelle finanziarie, come la New Development Bank, la banca di sviluppo dei Brics per la quale è previsto un aumento dei finanziamenti. E per incentivare le transazioni nelle valute locali. È stata lanciata anche la proposta di una borsa del grano estendibile alle altre commodities.

Un’altra notizia rilevante per i Brics è stato l’annuncio di una intesa tra Cina e India che pone fine alle loro annose dispute frontaliere. 

L’orizzonte dei Brics rimane quello di contribuire, insieme ad altri, alla costruzione di un nuovo ordine internazionale multilaterale nel quadro delle Nazioni Unite, rappresentate al Summit dal Segretario Generale Antonio Guterres. Il documento finale, la Dichiarazione di Kazan, conferma, come in passato, l’opzione dei Brics per un nuovo multilateralismo che consenta a tutti gli stati, quelli ricchi e quelli di più recente industrializzazione o in via di sviluppo, di partecipare con pari dignità e in modo più equo al sistema economico e finanziario globale, nonché di ottenere una più adeguata rappresentanza nell’ambito Onu. 

Il tempo ci dirà se gli obiettivi che si prefigge l’iniziativa dei Brics, la riforma della governance globale, avranno la possibilità di essere raggiunti. Di certo un dublice risultato questo organismo internazionale sui generis, non disponendo  di un proprio segretariato, in meno di vent’anni sembra già averlo raggiunto. Da un lato è stato innescato un profondo cambiamento interno, non eterodiretto con interferenze straniere, nei Paesi membri, un cambio di mentalità, un allargamento di orizzonti, una maturazione che porta all’assunzione di nuove responsabilità di portata globale. Nel contempo il consolidamento del Coordinamento Brics influisce anche sulla narrazione e sui profondi equilibri socio-economici dei Paesi occidentali, che a loro vota vedono aprirsi nuovi orizzonti, accanto a quelli ereditati dal XX secolo. Al punto che, se ben interpretata, l’iniziativa dei Brics potrebbe addirittura contribuire a fare emergere elementi di rivitalizzazione della vita democratica nei nostri sistemi politici occidentali, stimolati a reinventarsi di fronte alle nuove sfide di questa nuova epoca che si sta aprendo.