Nell’intervista al Domani di martedì scorso, Massimo Cacciari, oltre a parlare del presente politico del Veneto, ricorda l’occasione storica persa dal fronte progressista quando nel 1995 rinunciò a candidare Tina Anselmi per la presidenza della Regione.
È un tema interessante, anche se si tratta di vicende di trent’anni fa e qualche imprecisione c’è nel ricordo del professore, resta però la sostanza: fu davvero una occasione persa? Con la Tina si sarebbe potuto vincere cambiando la storia politica, prevenendo la lunga stagione della presidenza di Giancarlo Galan e poi di Luca Zaia?
D’accordo, la storia non si fa con i se e con i ma, e tuttavia un esame sereno dei dati ci conferma che la storia poteva essere diversa. In quelle elezioni Berlusconi inventò come candidato un giovane Giancarlo Galan, una passata militanza nella Gioventù Liberale, un presente di funzionario Fininvest. Allora come oggi non c’erano ballottaggi, vinceva chi arrivava primo. Forza Italia fa con Galan il 38,2%, la Lega si presenta da sola e fa il 17,5%. Il centrosinistra (ds, popolari, verdi, laburisti, repubblicani, civici) candida l’ex sindaco di Padova prof. Ettore Bentsik e fa il 32,1%.
Perché Tina Anselmi avrebbe potuto cambiare tutto
Perché sostengo anche io che con Tina Anselmi la storia sarebbe stata diversa? Per almeno due motivi: Tina per la sua vicenda umana e politica meglio poteva convincere l’elettorato di sinistra, in una alleanza inedita, senza allarmare il tradizionale elettorato democristiano. Ettore Bentsik, stimato docente dell’Università di Padova e già ottimo sindaco della città del Santo, aveva tuttavia una storia difficile da digerire per l’elettorato post comunista ed oltretutto, pur essendo di matrice morotea, era andato maturando un giudizio fortemente critico sulle esperienze di incontro amministrativo tra la Dc, poi il Ppi, con gli eredi del Pci.
Occorre poi tener conto che la candidatura di Bentsik, anche per i motivi prima detti, non ebbe il consenso di Rifondazione Comunista, che difatti presentò una propria lista con Paolo Cacciari (che di Massimo era il fratello minore) prendendo un 6,9%. Operazione che penso sarebbe stata impossibile con Tina Anselmi, ex partigiana, ministro della riforma sanitaria, rispettata anche dal popolo di sinistra. Come si vede vi era la base politica e aritmetica per una vittoria. Sarebbe davvero cambiata la storia politica del Veneto: si sarebbe potuto contenere lo smottamento di spezzoni di elettorato Dc verso la Lega e Forza Italia e in qualche misura anticipare l’avventura dell’Ulivo.
Le ragioni di una scelta mancata
Perché non fu candidata Tina Anselmi? Difficile dare una risposta fondata, perché le ricostruzioni divergono fortemente. Alcuni degli alleati raccontarono che ci fu un non gradimento anche da parte di Rosy Bindi, molto influente tra i popolari veneti, a cui non garbava una personalità che avrebbe indubbiamente assunto la leadership politica del Ppi e della coalizione. In ogni caso, Rosy Bindi ha sempre contestato con fermezza questa versione, ritenendola davvero offensiva. Come che sia la scelta fu sbagliata e la storia successiva purtroppo fu una storia di sconfitte. Il migliore risultato il centro sinistra lo ottenne nel 2005, candidando Massimo Carraro, un solido imprenditore con la passione per la politica. Si toccò la punta massima del 42,3%, ma non si volle fare la scelta coraggiosa di costituire un unico gruppo in Regione, come richiesto da Carraro. Restarono le divisioni partitiche e Carraro salutò la compagnia. Poi risultati sempre più sconfortanti, ogni volta ricercando un candidato con molto ritardo e molta approssimazione. Questi i dati: 29,0% nel 2010, 22,7% nel 2025, 15,7% nel 2020. Una discesa accelerata…
Una candidatura nuova e un’eredità che resiste
In questo quadro impervio occorre tuttavia dire che si è scelta ora un’ottima candidatura per il campo progressista. Giovanni Manildo è stato sindaco di Treviso (in partibus infidelium…), ha avuto il consenso di tutte le forze politiche che si oppongono al centro destra e ha iniziato una campagna elettorale convincente, sfruttando anche i ritardi del centro destra.
Qui purtroppo non si tratta di vincere (d’accordo mai dire mai, ma bisogna essere realistici) tuttavia sarebbe già molto riuscire a perdere con dignità, con una leadership capace poi di guidare l’opposizione per tutta la legislatura, cosa che in passato non è mai avvenuta.
Una sola precisazione sull’intervista di Cacciari, quando afferma che della storica Dc veneta praticamente nulla è finito a sinistra. Nonostante le difficoltà, nonostante una torsione alla radicalizzazione condotta da Rosy Bindi nella sua esperienza di leader dei popolari veneti, una solidità sia di personale politico che di presa elettorale c’è stata, dapprima con la presenza popolare, l’avventura dell’Ulivo, la realizzazione della Margherita e poi con la partecipazione alla fondazione del Pd. Nelle elezioni del 2001, nella circoscrizione più importante del Veneto, la Margherita prese il 14,45% rispetto al 10,23% dei Ds. Nelle elezioni regionali del 2000, guidate proprio da Massimo Cacciari, si affermò una Lista Cacciari, composta in gran parte di esponenti della Margherita con il 13,6% rispetto al 12,3% dei Ds.
Il ruolo della sinistra democristiana
La componente culturale e politica della sinistra democristiana è stata perciò base costituente importante oltremodo significativa dell’Ulivo veneto e poi del Pd. Senza questa tradizione confluita nel Pd i risultati sarebbero stati ancora peggiori e non ci sarebbero stati nemmeno i risultati positivi in tante amministrazioni locali: si è vinto negli anni passati a Vicenza, Verona, Padova, Treviso proprio con candidati provenienti da quella tradizione, e con l’irripetibile elezione a sindaco nel 2005 di Massimo Cacciari che vinse, appoggiato dalla Margherita, sul candidato ufficiale dei Ds e della sinistra Felice Casson. E del resto non sarà un caso se sono stato scelto io come primo segretario regionale del Pd veneto: di certo un “non rinnegato” esponente della sinistra democristiana… E a dirla tutta, per quel che può contare, anche Giovanni Manildo ha una robusta ascendenza familiare tra i massimi dirigenti della Dc trevigiana.
Chi è Paolo Giaretta