4.3 C
Roma
domenica, 28 Dicembre, 2025
Home GiornaleCampo degasperiano. Lavorare a nuove idee ricostruttive

Campo degasperiano. Lavorare a nuove idee ricostruttive

L’attualità dello statista trentino oltre le letture e le visioni partigiane. Di seguito l’intervento di Fioroni al dibattito sulla nuova edizione della biografia scritta a suo tempo da Igino Giordani (Bologna, 13 dicembre 2025).

Questa edizione critica della biografia di Alcide De Gasperi, promossa dall’Istituto Toniolo e curata da Lucio D’Ubaldo e Alberto Lo Presti, consente di verificare un’affermazione di Giovanni Paolo II: i santi – ed è un mistero – sono sempre attuali. Al di là di ogni percorso di beatificazione, De Gasperi resta straordinariamente attuale per un insegnamento che è culturale prima ancora che politico.

Igino Giordani lo conobbe da vicino fin dagli anni Venti, per questo ci restituisce a tutto tondo la figura di uno statista spesso schiacciata da letture ideologiche o partigiane. De Gasperi non era “più di destra” o “più di sinistra”: era un servitore del  bene comune, non riducibile alle categorie semplificate del dibattito contemporaneo.

Il coraggio delle scelte

Egli non si limitò a ricostruire il Paese: contribuì a rifondarlo su basi nuove, a partire da valori e convinzioni profonde. Aveva una visione dell’uomo e della società che lo portava a progettare per il lungo periodo.

C’è un elemento oggi rarissimo che merita di essere ricordato: la coerenza tra ciò che pensava, ciò che diceva e ciò che faceva. In un tempo dominato dall’opinione fugace e dal consenso a breve, il libro ci rivela quanto fosse stabile la sua linea di pensiero e di condotta. I programmi preelettorali trovavano continuità nell’azione di governo. Se oggi avessimo l’onestà di misurare propositi e risultati delle nostre esperienze politiche, apprezzeremmo ancor di più questa sua capacità realizzatrice.

Fede e responsabilità

Anche il rapporto tra fede e politica fu vissuto da De Gasperi senza ambiguità. La sua impronta religiosa fu sempre una sorgente di responsabilità. Lo dimostrano alcune scelte difficili come la collocazione occidentale dell’Italia e in particolare l’adesione alla Nato: decisione non scontata, questa, che richiese autonomia di giudizio e schiena dritta, anche rispetto alle riserve delle più alte gerarchie ecclesiastiche.

La verifica del presente

È inevitabile domandarsi che cosa De Gasperi direbbe ai nostri giorni di fronte al fenomeno dell’astensionismo. Il racconto mediatico celebra le vittorie dei partiti, ma i dati dicono altro: le elezioni le hanno vinte quelli che sono rimasti a casa. I recenti risultati in Veneto, Campania, Puglia  c’interrogano in modo stringente.

La questione riguarda la qualità della democrazia. Davanti al non voto, la spiegazione più comoda è accusare gli elettori di non capire. Ma la colpa non è mai degli elettori. L’ipotesi più scomoda, invece, è che qualcosa non funzioni nell’offerta politica. Se si considerano anche schede bianche e nulle, emerge un dissenso attivo, non un semplice disinteresse.

Democrazia senza elettori

Il fenomeno segnala la percezione di una politica ritenuta indifferente ai bisogni reali o vissuta addirittura come un’entità dannosa. In entrambi i casi il tessuto civile della nazione è a rischio di logoramento.

Si parla di democrazia a bassa intensità, ma il rischio è una democrazia svuotata, e cioè senza elettori.

I partiti, in sostanza, rischiano di adagiarsi sull’idea che basti rappresentare la massa più consistente di una minoranza che magari tende anche a restringersi. Nascono così comportamenti da tifoseria e governi sostenuti, di fatto, da una quota ridottissima del corpo elettorale.

 

Il nodo della rappresentanza

A questo si aggiunge il feticcio della legge elettorale, chiamata a supplire in modo contraddittorio all’assenza di una politica credibile. Avviene però che agli elettori sia sottratto il diritto di scegliere i propri rappresentanti, indebolendo ulteriormente il legame democratico: gli eletti rispondono a chi li nomina, non a chi li vota.

De Gasperi aveva un’idea opposta. Non concepiva il fatto che potesse governare una minoranza del Paese. La sua riforma elettorale, a torto definita “legge truffa”, conferiva un premio alla coalizione che avesse raggiunto comunque il cinquanta più uno dei voti. L’intento era quello di garantire una navigazione più tranquilla alle forze che avessero raccolto il consenso maggioritario degli aventi diritto. Non era una forzatura, bensì un strumento equilibrato per assicurare la governabilità del Paese.

Cos’è il “campo degasperiano”

Sono queste suggestioni a forgiare l’idea di un “campo degasperiano” da intendersi anzitutto come formula ideale per l’impegno pubblico. Un campo, cioè, che metta insieme senso di responsabilità, coerenza di pensiero, spirito di collaborazione. De Gasperi richiama l’incontro delle tradizioni autenticamente democratiche, quello che servirebbe nell’attuale momento politico per arginare l’immanenza di un disegno tecnocratico, antiumanistico e illiberale.

Ndr. Il testo è la sintesi dei due interventi sviluppati nel corso del dibattito. Dunque, come si può ben intuire, risponde allo spirito più che alla lettera delle cose dette dal relatore.

 

Link per accedere alla video-registrazione dell’evento

https://youtu.be/15PJabi9y-o?si=3zH_LBhbYqRpPqDN