Capovolgere l’Italia: la proposta ‘rivoluzionaria’ di Mezzogiorno Federato (MF).

Si è svolta a Roma, sabato 21 maggio 2022, la prima assemblea nazionale di Mezzogiorno Federato, il movimento meridionalista nato il 9 maggio 2021 a seguito della convergenza di associazioni autonomiste presenti in sette delle regioni del Sud del Paese.

A conclusione di una giornata di intenso dibattito e di confronto anche con esponenti delle istituzioni nazionali e regionali e delle parti sociali (sono intervenuti i ministri Mariastella Gelmini ed Andrea Orlando, la vice ministro Teresa Bellanova, il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto, il leader di Alleanza civica del Nord Franco D’Alfonso), il Movimento denominato Movimento Federato (MF),  in una mozione approvata all’unanimità, ha lanciato alle forze politiche, sociali ed economiche del Paese “la proposta di porre al centro del loro impegno la scelta di guardare al Mediterraneo come luogo strategico per la ripresa”. “In questo mare, luogo dove storicamente si sono incontrate e scontrate popolazioni diverse, oggi – si legge  nel documento – confluiscono e si incrociano interessi, tecnologie e culture di tutti i continenti ed è possibile ed utile confrontarsi come parte dell’Europa comunitaria, della sua civiltà e della sua economia. In questa prospettiva è necessario che il Mezzogiorno faccia ‘sistema’ candidandosi a divenire motore dello sviluppo dell’economia nazionale mentre lo stato dovrà muoversi operando la riunificazione sostanziale del territorio attraverso il riequilibrio delle infrastrutture e dei servizi, rendendo il nostro Sud moderno ed attrattivo”.

Lavorare politicamente, aveva detto introduttivamente nella sua relazione il presidente Claudio Signorile, per rendere l’Italia piattaforma dell’Europa nel Mediterraneo, capovolgendone il sistema dell’interscambio e mettendo al centro dello sviluppo il Mezzogiorno: “prima il Mezzogiorno, per rendere ancora una volta prima l’Italia”. All’interno di questo obbiettivo di fondo due i più importanti argomenti che hanno costituito il contenuto degli appassionati interventi che hanno animato il dibattito coordinato dall’on. Salvatore Grillo Morassutti: 1) il tema delle alleanze del Movimento e 2) il tema del regionalismo che il Movimento si propone di cambiare.

Per quanto riguarda la quistione politica dell’ambito entro cui il Movimento sta cercando i ‘compagni di viaggio’ indispensabili per costituire il nuovo soggetto popolare in grado di ‘rivoluzionare’ l’attuale sistema dei partiti politici e la logica stessa delle politiche pubbliche praticata nel nostro Paese, esso è stato individuato nei movimenti sociali espressivi del civismo e dell’ecologismo, oltre che dell’azionismo e del riformismo. Circa il primo di questi soggetti è stato, però, rilevato che, pur condividendosene la “politica sociale”, essa non può considerarsi esaustiva dell’impegno di Mezzogiorno Federato e, soprattutto, che questa non può essere in grado di sostituirne il meridionalismo. La riforma dei partiti politici è infatti necessaria ma non risolve l’attuale problema della crisi politica che prioritariamente attiene alla riconsiderazione dei valori e degli interessi di tutta la comunità che oggi richiede al centro dello sviluppo del Paese il Mezzogiorno. Cosa che per il civismo non è ancora scontata e, senza l’apporto di MF, è stato detto in alcuni interventi, difficilmente lo diventerebbe.

Lo stesso discorso è stato fatto in sostanza per i movimenti ecologisti. Che, ponendo al centro della loro attività politica il rapporto dell’individuo e della società con l’ambiente, spesso anch’essi lo assolutizzano come valore esclusivo del loro impegno, rifiutando di considerarne le connessioni con i processi di crescita e di sviluppo. E così condannando le realtà che si trovano come il Sud in ritardo nella infrastrutturazione  materiale ed immateriale dei propri territori a subire una ulteriore penalizzazione ancorché, da ultimo, compensata da una ipotetica transizione ecologica. Mezzogiorno Federato, per il suo dna costitutivo, è stato detto, questa prospettiva non potrà mai accettarla e quindi il suo rapporto con le forze ambientaliste deve essere chiaro sin dall’inizio, in modo da evitare ‘balletti’, come ancora oggi si registrano nel dibattito pubblico intorno, ad esempio, alla quistione del ponte sullo Stretto di Messina.

E veniamo, ora, all’azionismo. Il movimento costituito da Carlo Calenda che, all’evocazione implicita del complesso di ideali, valori, scelte morali e civili riconducibili all’esperienza del Partito d’Azione, fa seguire un esplicito riferimento alle politiche del liberalismo sociale e del popolarismo sturziano. Si tratta di un movimento per il quale la politica non è astratta ideologia, strumentale evocazione di valori, mero dibattito parlamentare, vuoto chiacchiericcio mass-mediatico. Essa è essenzialmente government costruito su un piano d’azione, un programma, una progettazione di eventi rigida e condivisa dai propri aderenti che così, sono coinvolti in una partecipazione attiva. Cosa che implica certamente la guida di una leadership forte ed autorevole. Ma non certo personalistica ed individualistica. Pena lo scadimento in uno dei vizi più gravi dell’attuale degenerazione democratica. Circostanza questa – come è stato precisato a chiare lettere da più di un intervento- che ne provocherebbe inevitabilmente il rigetto da parte di MF, che per la sua natura federativa, è incompatibile con un soggetto così strutturato.

Come sarebbe difficile, infine, per Mezzogiorno Federato allacciare un rapporto sinergico con il riformismo se quest’ultimo alle enunciazioni di cambiamento del sistema politico non facesse seguire comportamenti fondati sulla serietà, la coerenza e la competenza. Senza questa base valoriale, è stato sottolineato, difficile sarebbe pensare di sconfiggere il populismo ed il sovranismo dilagante e quindi potere costruire una prospettiva riformista con MF.

Precisato questo in ordine al tema delle alleanze, arriviamo al secondo punto che riguarda la quistione istituzionale del regionalismo che è in crisi profonda e sta trascinando con sé l’intero Paese ridotto ad una realtà frantumata, costosa, inefficiente ed impotente. Oggi – come ho messo in evidenza io stesso nel mio intervento- le sue dimensioni, le sue funzioni, i suoi obbiettivi sono diventati asimmetrici rispetto ai problemi ed alle opportunità che il sistema Italia deve affrontare. Insomma, il dinamismo espansivo delle venti regioni dell’art. 131 della Costituzione si è esaurito. Ma non perché le regioni del Centro-Nord pretendano ex art. 116, terzo comma, Cost. “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” che danneggiano le altre regioni ed in specie quelle meridionali, che tanto hanno protestato contro l’ipotesi che venissero riconosciuti poteri differenziati a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Ma perché una nuova fase innovativa della vita della Repubblica non può essere assicurata che da macro-aree di funzioni che compongano la base della governance nazionale nelle sempre più difficili condizioni in cui devono essere assunte le decisioni sia domestiche che europee. Il che significa, in una battuta, che le vecchie regioni dovranno essere accorpate in entità più adeguate, secondo un piano determinato dalle funzioni che devono svolgere.

Ma come? A seguito di una riforma costituzionale dell’attuale art. 131 Cost. che istituisca delle “macro-regioni” come è stato già proposto nel tempo dalla Fondazione Agnelli, dalla Lega Nord di Gianfranco Miglio, dall’ex presidente della Campania Stefano Caldoro, dai deputati Roberto Morassut e Raffaele Ranucci ed altri ancora? O seguendo un’altra strada, innovativa, più facile per procedura ed autonomia di decisione?

Naturalmente, per un Movimento che alla propria radice si propone un patto federativo fra le regioni del Mezzogirono, l’opzione non può che indirizzarsi per quest’ultima soluzione. Che in concreto consiste – è stato spiegato – nell’imboccare, sulla base dell’art. 117 penultimo comma Cost., la strada delle intese tra più regioni “per il migliore esercizio delle proprie funzioni”, anche creando “organi comuni”. In sostanza, si tratterebbe di avviare in tutto il Paese quel processo di federalizzazioni che finora il Movimento aveva proposto al solo Mezzogiorno. E così, indirizzandosi verso questa prospettiva federalista, si aprirebbe la strada della rinascita del Paese ed il rilancio della stessa Europa.

Tutti i partecipanti all’assemblea di sabato scorso hanno mostrato di crederci convintamente e con quanti vorranno seriamente perseguire questi obbiettivi strategici hanno, alla fine, dichiarato di volersi presentare alle prossime elezioni politiche. “Non stiamo facendo un’operazione di immagine”, è stato conclusivamente detto. “Mezzogiorno Federato alle prossime elezioni vuole esserci perché ha già sviluppato un sistema di collegamenti che si fonda sul riformismo e sulla rinnovata coscienza dei popoli del Sud e questa potenzialità vuole metterla a servizio del Paese”.