Articolo già apparso sulle pagine di http://www.libertaeguale.it a firma di Claudio Petruccioli già parlamentare del Pci/Pds/Ds per cinque legislature. Presidente della Commissione di vigilanza Rai dal 2001 al 2005 e Presidente del consiglio d’amministrazione della Rai dal 2005 al 2009.

Esatto, caro Marattin, la sfida è quella da te descritta e la strategia dell’ACCOMPAGNAMENTO è quella giusta: va esposta e affermata con la massima chiarezza, va implementata con tutte le risorse disponibili.

Ma non c’è, nel tuo ragionamento, la dimostrazione che sia possibile fare tutto ciò solo con un nuovo partito.

Sono due, a mio avviso, gli argomenti politici con i quali tu e chi si accinge al passo dovreste affrontare.

Il primo è presente già in quel che scrivi: Se i due blocchi (il SOVRANISTA e il PROTEZIONISTA PASSIVO) sono quelli da te descritti come e con chi la posizione giusta che tu sostieni riuscirà a operare politicamente? o si deve confidare e aspettare che quella posizione diventi maggioranza?

Il giudizio sul Partito Democratico

Il secondo argomento è invece assente nella tua riflessione o è – almeno – molto implicito. Riguarda il giudizio sul Pd: no, il Pd non è tutto come Provenzano o come quelli che hanno cantato Bandiera rossa a Ravenna, e neppure tutto come Zingaretti o Bettini. Non lo è come non era tutto renziano quando Renzi ne era il leader. Il fatto che il Pd abbia nella scelta democratica del leader la sua caratteristica distintiva non vuol dire che si identifica e si esaurisce nel leader del momento.

E’ un errore ottico molto diffuso e anche comprensibile, ma è un errore serio che induce a comportamento politicamente illogici, come quelli di D’Alema e Bersani che sono usciti contro Renzi e adesso rientrano perché c’è Zingaretti. Pensa se tutti facessero così! Potrebbe capitare anche a voi: se domani un… Marattin si candidasse per la segreteria del Pd e vincesse le primarie chi oggi uscisse cosa farebbe? rientrerebbe?

Oltre all’analisi dei blocchi sarebbe il caso di formulare un giudizio preciso e non mutevole sul Pd: su quello che è -certamente – con tutti i suoi limiti e difetti, ma anche sul progetto per il quale è stato pensato che non è stato attuato; che anzi è, spesso, contestato e rifiutato ma non è stato affatto falsificato e mantiene tutta la sua vitalità, solo che si voglia perseguirlo. Intendo il progetto di raccogliere e omogeneizzare tutti i riformismi che derivano dalle diverse tradizioni italiane in una forza politica capace di sostenere e vincere la sfida per il governo del Paese e di contribuire in modo significativo al governo dell’Europa.

E’ chiaro che dentro un partito siffatto la competizione per l’egemonia è sempre viva e aperta; è esattamente questa la originalità del Pd. Cancella questa originalità, separa i riformismi e dalla competizione per l’egemonia si passerà alla concorrenza per il potere. Questo sì sarebbe scendere dove la sfida vera non viene neppure percepita.

Ricordiamo le vicende che hanno preparato la nascita del Pd

Un ultimo accenno, solo un accenno: la disinvoltura e la sostanziale indifferenza con cui si mette in gioco il Pd, il suo progetto, la sua funzione (a mia avviso l’aspetto più negativo e grave di tutta questa vicenda) sono a mio avviso dovute alla trascuratezza, all’oblio calato sulle vicende che hanno preceduto e preparato la nascita del partito democratico.

Mi limito ad elencare le più importanti e sofferte: quella che trent’anni fa, in coincidenza con la caduta del muro di Berlino fu definita “la svolta” (per cui quelli che provengono dal Pci che allora concluse la sua storia non possono essere catalogati in modo uniforme come ex-pci; in quella occasione, infatti, si divisero in modo motivato e sofferto e non solo fra Pds e Rifondazione comunista); quella che una ventina d’anni fa dette luogo alla esperienza dell’Ulivo che, per la prima volta nella storia d’Italia consentì alla sinistra di pensarsi e di agire come sinistra di governo (per cui coloro che, originando dalla Dc, sono oggi nel Pd non possono continuare ads essere etichettati come ex-dc).

Queste vicende, queste esperienze sono state accompagnate da dure lotte, le posizioni più innovatrici sono state contrastate e in più di un caso sconfitte; ma non sono passate senza lasciare traccia, hanno continuato a influire anche nell’ideazione, nel varo e nella vita del Pd. E influiscono ancora oggi. Potrei continuare con altri esempi, ma mi fermo qui; ci saranno altre occasioni per parlarne.

Non confondiamo il rinnovamento con la “tabula rasa”

Qui, i riferimenti che ho fatto mi servono solo per concludere con un invito: non confondiamo il rinnovamento con la “tabula rasa”. Il rinnovamento deve essere il più audace possibile, non deve essere limitato da nessun tabù, deve proporsi il massimo di discontinuità, senza paure e censure. Ma non lo si confonda con la “tabula rasa” perché anche il più radicale rinnovamento una volta pensato deve procedere, deve mettere i piedi sul terreno, e il terreno non è mai una “tabula rasa”. In ogni caso, auguri. Spero di vederti a Orvieto alla fine del mese.