Se l’impianto maggioritario – dopo la rapida, e poi archiviata, ubriacatura proporzionale del Pd zingarettiano – sarà la cornice entro la quale si giocherà la prossima competizione elettorale nazionale, è indubbio che la cultura della coalizione è destinata a ritornare centrale nella politica italiana. Cultura delle alleanze che, in soldoni, significa scegliere il campo politico. Almeno per chi coltiva una “politica di centro” e non si riconosce in una radicalizzazione, persin violenta, dello scontro politico come quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi. È appena sufficiente registrare lo scontro tra il capo del Pd Letta e a quello della Lega Salvini per rendersene conto.
Ora, però, il confronto non potrà che essere squisitamente politico e programmatico, ben sapendo che viviamo in un contesto profondamente trasformistico ed opportunistico dove le solenni e pubbliche promesse annunciate il mese precedente vengono sistematicamente spazzate e rinnegate il mese successivo. È addirittura inutile soffermarsi sul tema talmente alto e macroscopico è il tasso di inaffidablità. Quanti “mai e poi mai con quel partito” abbiamo assistito in questi ultimi anni? E quanti “mai mi candiderò per quell’incarico” dovremmo ancora sentire? Certo, non c’è il solo Zingaretti ad essere un protagonista indiscusso ed imbattibile in questa gara di promesse al vento e del tutto inaffidabili. L’elenco è lunghissimo ed è ben noto ai lettori di qualsiasi schieramento, con una netta e schiacciante prevalenza, com’è a tutti evidente, nel campo della sinistra.
Ma è sul profilo politico che la scelta andrà fatta. Al netto di coloro che continuano, simpaticamente e goliardicamente, a coltivare sogni testimoniali politicamente ed elettoralmente irrilevanti.
Se nel campo della destra democratica la leadership politica si gioca tra la Lega di Salvini e i Fratelli D’Italia della Meloni con una sostanziale assenza – di peso e di ruolo politico – delle forze di centro liberali, europeiste, moderate e cattoliche, nell’area della sinistra continua a pesare in molto determinante il condizionamento del populismo e dell’antipolitica di marca grillina. Certo, l’alleanza “organica e strutturale” della sinistra con il populismo grillino – perchè di questo si tratta al di là delle enunciazioni astratte e di circostanza – è destinata a pesare sul progetto politico di fondo della sinistra italiana. Perchè un conto sono le operazioni a tavolino sulla “rifondazione” politica del movimento 5 stelle. Altra cosa, radicalmente diversa, è la concreta percezione che gli elettori di quel partito hanno nel territorio. E qui la cosiddetta “rifondazione” politica, almeno così pare, è poco più di uno slogan astratto e beneaugurante anche perchè il popolo grillino continua ad essere quello di sempre. E cioè, anti casta, antisistema, populista e profondamente antipolitico.
Ecco perchè il capitolo delle alleanze in un contesto – lo ripeto – profondamente e strutturalmente trasformistico, non potrà che avvenire all’insegna della politica e dei contenuti del progetto politico complessivo. Senza le solite e scontate pregiudiziali ideologiche che ormai vengono rispolverate solo per motivazioni di pura convenienza e di raffinato potere. Prive di qualsiasi valenza politica e culturale se non per imbonire fette sempre meno numerose di elettori ancora aggrappati a veti e a preconcetti di natura ideologica o nostalgica.
Dunque, una forza di centro, una politica di centro o una lista di centro sarà, comunque sia, decisiva e determinante in vista della vittoria elettorale. E il tutto, questa volta, non potrà che avvenire anteponendo la politica a qualsiasi altra valutazione. Solo così, forse, si potrà salvaguardare la credibilità di una politica, quella di centro appunto, che non si rassegna ad essere sacrificata sull’altare di una nociva e pericolosa radicalizzazione dello scontro politico.