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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Centro, senza uno scossone è la solita noia.

Ci vuole coraggio. Anche perché il dibattito attorno al possibile ritorno di un Centro nella politica italiana, specialmente attraverso il contributo decisivo di parte dell’area cattolica, non può durare all’infinito.

Forse, anzi quasi sicuramente, ha ragione Pier Ferdinando Casini. Parlando del futuro di un ipotetico e virtuale Centro, l’ex Presidente della Camera ha detto che adesso ci vuole “coraggio”. Una categoria che in politica non sempre va di moda ma che forse, adesso, proprio questo coraggio non è più aggirabile. Detta con altre parole, e sempre per citare Casini, chi adesso lo vuole ricostruire “si faccia avanti e prenda un’iniziativa politica precisa”. Come non essere d’accordo con questa osservazione, semplice ma al tempo stesso essenziale nonchè decisiva. E qui si entra a pieno titolo nel dibattito contemporaneo. Ovvero sulla necessità di saper ricostruire, e, sopratutto, rideclinare una concreta ed efficace ‘politica di centro’ nel nostro paese. Meglio, come ovvio, se con uno strumento politico ed organizzativo specifico, cioè un partito. Certo, può essere un esercizio che si può fare anche in alcuni partiti esistenti. Soprattutto in quelli dove la ‘politica di centro’ non viene confinata in un angolo della casa come si fa con i soprammobili,

seppur di valore e prestigiosi.

Ma, su questo versante, occorre essere chiari e non ipocriti. Ossia, questo disegno – cioè la ricostruzione di un Centro credibile e riformista, democratico e di governo – è possibile nella misura in cui si mette anche in discussione l’attuale assetto politico ed organizzativo. Per essere ancora più chiari, se nel campo della coalizione di sinistra e progressista, il tutto si riduce a rafforzare due correnti – mi riferisco ai prossimi convegni di Milano e di Orvieto – è certamente un’operazione legittima e degna di nota ma politicamente debole e quasi incolore. Perché è la classica, e collaudatissima, modalità per contare di più all’interno del partito prima e nelle istituzioni poi attraverso le candidature. E, al contempo, nell’attuale coalizione di governo il Centro – che si identifica con Forza Italia – può dispiegare un ruolo incisivo ed importante se riesce ad essere il luogo politico che riassume e contempla il più possibile le culture politiche centriste e riformiste. Certo, si tratta di mettere in campo una iniziativa di rottura e di profonda discontinuità

rispetto ad un passato anche solo recente. Furochè si pensi, allegramente, di appaltare il futuro del Centro ai piccoli partiti personali di Renzi e di Calenda e di molti altri che affollano quell’area.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali e per ritornare a Casini, adesso ci vuole coraggio. Anche perché il forte e qualificato dibattito attorno al possibile ritorno di un Centro nella politica italiana attraverso il contributo decisivo e determinante di parte dell’area cattolica, non può durare all’infinito. Del resto, è perfettamente inutile contestare quotidianamente la radicalizzazione selvaggia della lotta politica che degenera facilmente nella deriva degli “opposti estremismi” e poi prendere amaramente atto che il tutto si riduce a contrattare qualche seggio parlamentare in più da un lato o a giocare un ruolo chiaramente subalterno e gregario dall’altro. Per essere credibili, e coerenti, a volte le esigenze della politica debbono prevalere su quelle della sola logica degli organigrammi.

N.B. Sul tema si è svolto ieri un interessante dibattito in un’aula del Senato nell’occasione della presentazione dell’ultimo libro di Giorgio Merlo (Cattolici al centro, Marcianum Press).