Che cosa cambia adesso che lo sport è entrato in Costituzione?

Con la decisione di intervenire sull'articolo 33, la riforma fornisce una base costituzionale che impegna lo Stato a promuovere politiche pubbliche in grado di incidere sulle componenti valoriali alla base dell’attività sportiva.

Occorre interrogarci sulle attitudini valoriali e umane dello sport ed è importante riflettere sulla prospettiva di una cittadinanza sportiva e, complessivamente, sull’idea dello sport come bene essenziale, soprattutto a seguito dell’iniziativa parlamentare che ha dato il via libera al disegno di legge per l’inserimento dell’attività sportiva nella nostra Carta costituzionale.

L’idea di introdurre lo sport all’interno della Costituzione ha radici antiche: già nel 2009, con la proposta di legge presentata dall’on. Di Centa, si pose il tema all’attenzione delle Camere che, comunque, venne ripreso negli anni successivi. Si tratta di un testo che era quasi giunto alla sua definitiva approvazione durante la precedente legislatura prima che il suo iter si interrompesse a causa dello scioglimento anticipato delle Assemblee parlamentari. È noto, infatti, che trattandosi di un provvedimento di modifica di legge costituzionale, la procedura prevede una doppia lettura tra Camera e Senato. Nel corso dell’attuale legislatura (XIX), il Senato ha ripreso l’esame della proposta di legge costituzionale e il dibattito si è riannodato ai lavori precedentemente approvati.

La formulazione della proposta trae origine da un fecondo dibattito pubblico ripreso, poi, dal confronto parlamentare che si è concretizzato con la modifica all’articolo 33 della Costituzione che consiste nell’integrazione di un ultimo capoverso, ai sensi del quale «la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Con questa riforma, pertanto, lo Stato si fa carico delle politiche pubbliche in materia di promozione e valorizzazione dello sport inteso nella sua accezione più ampia.

Una questione così centrale, chiaramente, si è fatta strada grazie a una forte spinta e alla mobilitazione dei rappresentanti del mondo sportivo, nazionale e locale, della politica, degli amministratori, delle istituzioni, della scuola e dell’associazionismo, che hanno portato avanti una intensa opera di sensibilizzazione per creare un consenso intorno all’idea: si pensi al contributo del Coni insieme ad altre organizzazioni come la Fondazione Sportcity.

 

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