I sogni arroganti dei Negrita, animali sociali da palcoscenico.

Hanno sempre uno sguardo al domani, mentre l’oggi scorre e si confonde con gli errori di ieri. E qui c’è l’energia dirompente di testi che diventano statuto dell’attivismo e della partecipazione.

“Tu meritavi di più, ma adesso shock, al rientro da uno spot, abiti dentro una favela/finita l’era di hell dorato, nel piano b tu non sei convocato”. Solo le parole di Pau, vox de I Negrita, forse la rock band italiana più “alternativa” del momento e degli ultimi anni.  I Negrita si abbandonano ai gangli della coscienza critica, della riflessione, dell’elaborazione della visione del Mondo. Ne denunciano i malesseri del pianeta e anticipano la patogenesi della crisi centrata sui mondi interiori proprio come recitano le note di Radio Conga apparsa nell’album HELLdorado del 2008  Le certezze di una vita via, come acqua tra le dita, ma se senti che non sei solo anche se il cielo è scuro, cerca un raggio e prendi il volo, sopra ‘sto mondo sperando, che in hell dorado sei quello che hai, ma, non ti basta mai“.

I Negrita nei loro testi si appellano all’idea di un nuovo mondo, mentre non ci accorgiamo di quello che il passato rievoca come memoria. Connessioni, seduzione della nostra rampante gioventù che rimane vitale e speranzosa. Ecco i suoni e le parole di “Non torneranno più” del 2018: Non torneranno più, le mille notti in bianco, la gioventù al mio fianco, Roby Baggio e l’autostop, non torneranno più, i miei vecchi polmoni, etc…scioperi e università”.

Ci sono brani dei Negrita felicemente accompagnati da una chitarra elettrica riflessiva e sempre graffiante che dona alla voce di Pau futuro, filosofie e modelli per una ripartenza possibile, mentre la società, le persone e i popoli soffrono  e l’umano si perde nell’insensibile. È il momento sanremese de “I ragazzi stanno bene”, con particolari affreschi timbrici dall’esistenza soft rock cosi descritti: Tengo il passo sul mio tempo, concentrato come un pugile, sarà il peso del mio karma o la mia fortitudine, con in mano una chitarra e un mazzo di fiori distorti per far pace con il mondo dei confini e passaporti, dei fantasmi sulle barche e di barche senza un porto, come vuole un comandante a cui conviene il gioco sporco, dove camminiamo tutti con la testa ormai piegata, e le dita su uno schermo che ci riempie la giornata, ma non mi va, di raccogliere i miei anni dalla cenere, voglio un sogno da sognare e voglio ridere, non mi va, non ho tempo per brillare, voglio esplodere, ché la vita è una poesia di storie uniche”.

I Negrita sono “animali sociali da palcoscenico” con sempre uno sguardo al domani mentre l’oggi scorre e si confonde con gli errori di ieri. E qui c’è l’energia dirompente di testi che diventano statuto dell’attivismo e della partecipazione. Rimane l’auspicio che la musica, i testi e  il rock de I Negrita facciano  del nostro agire quotidiano un capolavoro di speranza. “Io guardo sempre avanti, ho sogni più arroganti”.  La loro musica, il nostro impegno.