Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano

«Le cinquanta persone più ricche del mondo… da sole potrebbero finanziare l’assistenza medica e l’educazione di ogni bambino povero nel mondo»; di più: «potrebbero salvare milioni di vite ogni anno». Dati alla mano, Papa Francesco torna a denunciare «l’iniquità universale» di un “mondo ricco” in cui «tuttavia i poveri aumentano», portando «milioni di persone a essere vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù, come il lavoro forzato, la prostituzione e il traffico di organi».

Ma ciò che appare maggiormente significativo è il contesto in cui il Pontefice ha formulato questa denuncia: nel pomeriggio di mercoledì 5 febbraio, infatti è intervenuto di persona, con un discorso pronunciato in spagnolo, la sua lingua madre, all’incontro organizzato dalla Pontificia accademia delle scienze sociali su «Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione». Con studiosi ed esponenti del mondo delle banche, delle finanze e delle politiche economiche, il Papa ha voluto condividere un «messaggio di speranza: si tratta — ha detto — di problemi risolvibili e non di mancanza di risorse», perché «non esiste un determinismo che ci condanni all’iniquità universale». Il che significa, ha aggiunto, «trovare e generare risposte creative dinanzi all’evitabile sofferenza di tanti innocenti». Certo, Francesco è consapevole come ciò implichi accettare che «ci troviamo di fronte a una mancanza di volontà e di decisione per cambiare le cose e principalmente le priorità». Ma proprio per questo, ha concluso, «un mondo ricco e un’economia vivace possono e devono porre fine alla povertà».

E della necessità di impegnarsi per «un’economia globale più giusta e umana» il Papa ha parlato anche l’indomani mattina, giovedì 6, ricevendo un gruppo di organizzatori di fiere internazionali.

Il discorso del Papa