11.9 C
Roma
martedì, Febbraio 11, 2025
Home GiornaleCisl, contrattazione e responsabilità: il vero sindacato del futuro.

Cisl, contrattazione e responsabilità: il vero sindacato del futuro.

Se si vogliono ottenere risultati concreti e tangibili non si può che riscoprire i principi cardine che stoicamente hanno caratterizzato, e che continuano ad accompagnare, il cammino concreto della Cisl.

Senza entrare nei numeri della partecipazione ai vari cortei e, soprattutto, della vera e non virtuale adesione dei vari comparti allo sciopero generale del 29 novembre, si può tranquillamente sostenere che il vero vincitore del giorno dopo è la Cisl. E questo per almeno tre ragioni di fondo. Innanzitutto il vero mestiere del sindacato non è quello di pianificare continui e ripetuti scioperi nazionali e locali che hanno un carattere squisitamente ed esclusivamente politico. Perché, almeno su questo, non ci dovrebbe essere polemica o distinzione alcuna. Anche perché lo sciopero smaccatamente politico da un lato sminuisce il significato e la valenza del continuo ricorso alla mobilitazione generale e, dall’altro, indebolisce lo stesso ruolo del sindacato. Che non è quello di ergersi a contraltare politico della maggioranza di governo sgradita o pregiudizialmente ostili ma, al contrario, difendere le ragioni, le istanze e le domande concrete dei lavoratori attraverso la cultura del negoziato e della continua e testarda contrattazione.

In secondo luogo un sindacato è credibile e anche rappresentativo se non è un mero soggetto politico. O, peggio ancora, una sorta di partito trasversale. Perchè è altrettanto indubbio ed oggettivo che la piazza del 29 novembre, sempre con il dovuto rispetto per tutte le piazze, era una piazza politica ed ideologicamente schieratissima. Forse come non mai nella lunga e gloriosa storia del sindacato rosso. Ma un sindacato che ha ormai superato e del tutto archiviato la stessa concezione della “cinghia di trasmissione” con il partito di riferimento che per 50 anni è stato, come tutti sanno, il Pci, non può che essere interpretato come una organizzazione che ha fatto della appartenenza politica e partitica la sua ragion d’essere. Al punto che è ormai quasi scontato sostenere che non sappiamo se è la Cgil che detta l’agenda politica ai partiti del ‘campo largo’ o se sono i partiti del ‘campo largo’ che la dettano al sindacato di riferimento. Comunque sia, si tratta di una commistione che nè aiuta e nè rafforza il ruolo e la ‘mission’ storica del sindacalismo italiano.

Infine, e non per ordine di importanza, il sindacato può recuperare una credibilità – che purtroppo, oggi, è seriamente in discussione come ci hanno detto anche recenti sondaggi – e un ruolo se è in grado di salvaguardare la propria autonomia rispetto ai partiti e alla politica e se, soprattutto, riesce ad ottenere risultati concreti per i soggetti che rappresenta. O che dice di rappresentare. E questo obiettivo lo si può centrare solo e soltanto attraverso la cultura della contrattazione e del negoziato permanente. Non ci sono alternative concrete da perseguire o da individuare per la difesa dei lavoratori, di tutti i lavoratori, e dei pensionati.

Ecco perché, e senza alcuna polemica politica o culturale, si può tranquillamente sostenere che dopo il corteo della Cgil il vero vincitore è la Cisl. Perché se si vogliono ottenere risultati concreti e tangibili non si può che riscoprire con forza e convinzione i principi cardine che stoicamente hanno caratterizzato, e che continuano ad accompagnare, il cammino concreto della Cisl. E cioè, autonomia dai partiti e dalla politica, contrattazione, pluralismo, no alla radicalizzazione, cultura del dialogo e del confronto, responsabilità e pragmatismo, ricerca della sintesi ed approccio riformista. Appunto, l’esatto contrario dell’attuale strategia frontista, ideologica e radicale della Cgil. Sempreché, come ovvio, si voglia continuare a fare azione

sindacale e non, invece, una dichiarata e smaccata azione politica e partitica.