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lunedì, 6 Ottobre, 2025
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Cleopatra e li romani in piazza

L’allegoria di un potere che non ascolta più il popolo. Cesare osserva, la regina si compiace, ma Roma mormora e le piazze tornano a parlare con voce antica.

Tre anni sono passati, e Cesare — maestro del mondo e capo dell’Impero — nel conferirle il mandato le aveva raccomandato:

«Regina, ricorda: stai su, perché ti ha acclamata la maggioranza dei tuoi; gli altri sono rimasti a casa. Ricordati, mentre governi, che il popolo romano ti sta a guardare».

Un monito scolpito nella Curia. Lei, che non conosce la democrazia — stranezza greca, e lei è egiziana —, pratica soltanto il regno assoluto. Fece spallucce e rispose:

«Li conquisterò, non temere, Cesare».

«Vedremo», replicò l’imperatore.

I primi anni del regno

Per il primo anno, li romani effettivamente stettero a guardare: Cleopatra, per il momento, non aveva combinato danni gravi.

Al secondo anno, però, cominciarono ad andare da Cesare — prima gentili, poi a brutto muso — chiedendo:

«Ti è passata la scuffia per ’sta regina egiziana? Se sì, levala di mezzo, che ci siamo rotti li c…, rimandala in Egitto colma di doni, ma assicurati che non ritorni».

Cesare, in verità, un sentimento per la regina lo serbava ancora, benché lei lo ignorasse e lo tradisse spudoratamente con altri capi più ricchi dei Paesi federati dell’Impero. Cesare si crucciava, si struggeva, s’incupiva, ma la lasciava lì.

LImpero in subbuglio

Poi arrivarono gli accordi con il capo al di là delle Colonne d’Ercole, e Cesare cominciò a preoccuparsi sul serio. Cleopatra andava ormai per i fatti suoi: non rispondeva più a Cesare, non si faceva vedere in Curia. Il popolo mormorava, e i senatori più ricchi dell’Impero si avvicinavano a Cesare chiedendo la rimozione dell’infausta regina egizia.

Il danno era fatto.

Nonostante l’amicizia con il capo di quelli al di là del grande mare — sbandierata da Cleopatra come “forte e salda” — arrivarono i dazi sui prodotti dell’Impero. E come si diceva in città:

«Eh, adesso che famo della robba nostra? Ce la magnamo e bevemo noi?».

Cleopatra ignorava i messaggi di Cesare e proseguiva dritta. Ogni tanto saliva su un palco dei suoi fedeli o degli alleati e faceva il suo pezzo di regina che parla al popolo: fomenta gli animi, elenca i risultati, rassicura che sta facendo i loro interessi, che ha molti nemici a Roma e nell’Impero. Strabuzza gli occhi, grida, gesticola.

E loro, ancora ammaliati, non si accorgono che il clima a Roma e nell’Impero è ormai cambiato.

I consiglieri sbagliati

Quando iniziò la sua avventura di governo, Cesare le aveva suggerito di scegliere due luogotenenti tra i romani che conoscessero l’egiziano, e non il contrario.

Lei, invece, si scelse un egiziano allevato dai Celti — dei cui costumi non ha ancora capito molto — e un liberto affrancato da un potente senatore italico che, morto il suo padrone, crede di averne ereditato il carisma.

I due, lentamente, segano le gambe del trono di Cleopatra. Ma lei ha le gonne troppo lunghe per vedere i piedi del suo trono, e le guardie — dritte, impassibili, come nei bassorilievi di Tebe — non guardano in basso.

Il popolo sì, e vede tutto. Ed è venuto il momento di farglielo capire, anche alla regina egizia.

Cleopatra e i Filistei

Cleopatra/Meloni capisce di politica interna — quella italica e imperiale — così così, ma, governando con mano ferma, mostra di masticare poco di diplomazia.

I Filistei? Un popolo noioso, insignificante, oltre il delta del grande Nilo.

Eppure, come governante dell’Impero, di ciò che accade ai suoi confini dovrebbe occuparsi. Cesare riceve da tempo messaggeri che riferiscono delle zone più bollenti: a nord, con gli uomini delle steppe e le antiche questioni slave; a sud, con il popolo di Israele e i figli della sabbia, ostinatamente in guerra da duemila anni.

Ora i messi raccontano senza mezzi termini che è in corso una strage di uomini, donne e bambini del popolo dei Filistei, liberi e schiavi: nessuno risparmiato. Le notizie si diffondono tra il popolo italico e romano, che finora non aveva partecipato a nulla di simile, ma che Cesare aveva sempre tenuto in considerazione, sapendo che anche da esso dipendeva la sorte dell’Impero.

Il popolo in piazza

E il popolo, di propria iniziativa, scende in piazza e protesta per il massacro che si consuma ai confini dell’Impero. Grida che alla strage degli innocenti non ci sta e non ci starà mai.

È una protesta di dimensioni etiche, morali e umanitarie — sconosciute alla regina egizia.

Cittadini dell’Impero e romani scendono prima nelle piazze delle principali civitas, raggiungendo numeri da milioni di persone. Poi a Roma: due milioni.

Di fronte a queste cifre, spariscono le decine di migliaia di presenti alle feste e manifestazioni organizzate ogni anno dai fedelissimi della regina Cleopatra/Meloni e dei suoi luogotenenti.

Il giudizio di Cesare

«C’è poco da capire — risponde Cesare a un messo inviato di corsa dalla regina per sapere se ha ancora il suo consenso —: vedi tu stessa che quelli che non ti hanno sostenuto fin dall’inizio sono molti di più di quelli che ti plaudono ogni giorno».

La risposta non lascia dubbi. Stavolta è il popolo — quello degli indecisi di sempre e di tutti i tempi — che decide di ricordare alla regina Cleopatra/Meloni che esiste, che non ha smesso di osservarla in questi tre anni, e che sta per presentarle un conto salato.