La nostra amata regina Cleopatra/Meloni non ricorda più il suo Paese natio, quell’Egitto prospero e ricco grazie al potente Nilo e circondato dal deserto del Sahara con le sue maestose dune. La sabbia si accumula per via del vento e dallo stesso vento è mossa per andare a formare altre dune. Il potente Ghibli che soffia sulle dune egizie è ora solo un pallido ricordo, ma la gente di lì sa che quando soffia bisogna mettersi al riparo, frequenti sono le tempeste di sabbia che porta.
A Roma questi rappresentano solo racconti di grandi viaggiatori e commercianti, eppure sono fatti ben conosciuti da tutto l’Impero. Nella città soffia un vento modesto ma ahimè costante, la sera prima del tramonto. E se l’afa lo consente rinfresca la sera e rende liete le cene. Il vento porta con sé le parole della gente, quelle benevole e quelle sgradevoli. Cesare le ascolta sempre, siano serate silenti o serate ciarliere, e quando il caso lo vuole, da chiacchiere diventano suggerimenti.
Al primo caldo il vento inizia e quest’anno aveva iniziato tardi, a maggio; e Cesare, che agli incontri con gli alleati tiene molto, aveva suggerito alla sua Cleo, di curare con attenzione ogni evento, che prima di tutto ne vale la faccia sua e poi quella della Regina. Saggezza e diplomazia insieme.
Ma l’indisciplinato equipaggio della nave di Cleopatra/Meloni ha bisogno di visibilità e di mostrare il potere che ha e lo vuole esercitare senza sentir ragioni. Ferma treni alla bisogna, agita la plebe (e pure se stessi) con il sospetto dell’essere spiati, non è accorto nella composizione del proprio staff, assume ruoli da statisti dell’impero invece di stare nelle proprie modeste scarpe, insomma pare dimenarsi per un posto al sole che non c’è, essendo l’unico previsto da Cesare per la regina Cleopatra. È come se, usciti con i propri carri trainati dai cavalli, affrontassero il deserto del Sahara spronando i destrieri e questi – poveretti – scivolano sulla duna, gli zoccoli tornano indietro, i carri si ritrovano alla base. Prima una duna e una scivolata, e poi un’altra e poi un’altra ancora, e da scivolata diventa una slavina di sabbia che scende dalle alture verso la pianura. Pure la regina ne resta prigioniera, lei che non ne avrebbe necessità lancia il suo potente carro sulla duna temendo di esser circondata da gente non amica, dimentica che intorno a sé non c’è altri che quelli che lei stessa ha scelto. E anche ai suoi cavalli scivolano gli zoccoli. La solitudine del potere ti fa capire che pur riconoscendo in tutti loro volti noti, gli amici e le amiche sono merce rarissima.
Cesare, che conosce il potere, nulla può per la regina Cleopatra: presa dal suo daimonos, è ora cupa, silente, la voce più bassa del solito, guarda i suoi amati coccodrilli sguazzare nella piscina che Cesare ha fatto approntare per loro. Sta a Roma e forse con nostalgia ricorda quando dalle le rive del Nilo, strillava a Cesare: “Sono pronta!”