L’impressione diffusa è che il ritorno al potere di Donald Trump favorirà i piani di Benjamin Netanyahu di liquidazione definitiva della questione palestinese. Ovvero la fine della narrazione, ormai retorica e priva di qualsiasi realistica possibilità di avverarsi (quantomeno nel futuro prossimo), improntata allo schema “2 popoli, 2 stati” da ottenersi anche attraverso la decapitazione della guida politico-militare di Hamas e dei suoi alleati esterni (a cominciare da Hezbollah), la distruzione quasi radicale di Gaza e la sua parziale occupazione militare, il rafforzamento anche numerico degli insediamenti colonici in Cisgiordania.
Un’azione da intensificare nelle prossime settimane, prima del periodo natalizio e senz’altro prima dell’insediamento alla Casa Bianca del vecchio-nuovo Presidente, che si dichiara “pacifista” e dunque richiederà all’alleato israeliano di concludere le operazioni più eclatanti, per poter così affermare di aver fatto immediatamente finire la guerra a Gaza. Per poi sostenere Gerusalemme nella sua politica, ormai esplicita, finalizzata a liquidare, come detto, la “questione palestinese”. Anche mediante l’allargamento degli Accordi di Abramo all’Arabia Saudita, un risultato cui è prevedibile l’amministrazione americana si dedicherà con massimo impegno fin dalle prime settimane del proprio mandato.
La designazione alla Segreteria di Stato di Marco Rubio va in questa direzione. Premesso che nel Trump 2 non ci sarà spazio per opinioni diverse dalle sue (Elon Musk è un caso a parte, tutto da scoprire), il noto politico della Florida è un acceso sostenitore di Israele e ritiene Hamas responsabile al “cento per cento” di quanto è accaduto nell’ultimo anno e dunque otterrà dal governo Netanyahu quella interlocuzione attenta e positiva che Anthony Blinken non ha mai ricevuto nelle sue numerose missioni effettuate nel corso dell’ultimo anno.
Anche il nuovo ambasciatore a Gerusalemme è sulla medesima linea. Mike Huckabee, già governatore repubblicano dell’Arkansas, cristiano evangelico, è un convinto assertore della giustezza degli insediamenti dei coloni israeliani in Cisgiordania. Dagli insediamenti all’annessione il passo è breve. Ed infatti i radicali che stanno dettando l’agenda governativa, Ben Gvir e Bezalel Smotrich, hanno già dichiarato che il 2025 sarà l’anno della “sovranità in Giudea e Samaria”, chiamando provocatoriamente la Cisgiordania col nome biblico utilizzato dagli ebrei.
Ma se questo accadesse Israele perderebbe la possibilità di trovare un’intesa con l’Autorità Nazionale Palestinese, che potrebbe sostituire Hamas e Gaza. Un’ulteriore conferma della volontà dell’attuale governo di chiudere la partita palestinese una volta per tutte. Convinto che, al fondo, il futuro di quel popolo non interessi ad alcuno dei paesi arabi vicini e meno vicini.