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lunedì, 30 Giugno, 2025
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Contro l’illusione dell’ordine perfetto: una critica del conservatorismo

Commentando il saggio di Danilo Breschi sul “Conservatorismo di ieri e di oggi”, l’autore chiarisce il suo pensiero di cattolico liberale. L’articolo, pubblicato sulla piattaforma Lisander, è qui riproposto in stralcio (seconda parte).

[…] Solo nei casi apparentemente più semplici siamo in grado di dimostrare come le azioni libere dei singoli individui possano generare un ideale di ordine che non rispetti le loro intenzioni; un esempio di questo genere consisterebbe, secondo Hayek, nel modo in cui si formano i sentieri in una zona disabitata e accidentata. I movimenti umani in quella zona tendono a conformarsi a un modello ben definito che, pur essendo il risultato di decisioni deliberatamente prese da molte persone, non è stato consapevolmente progettato da nessuno.

Tornando alle domande iniziali, appare evidente che, per il sottoscritto, definirsi conservatore non significa nulla in sé, non rilevando nulla di particolarmente significativo del presente che meriti di essere conservato, almeno così com’è, in maniera statica. In secondo luogo, non credendo che la realtà possa essere divisa in maniera manicheistica in bene e in male, sono altresì consapevole del fatto che bene e male sono intrinsecamente intrecciati e che ogni tentativo di epurare definitivamente il male dalla storia fallisce miseramente, importando sempre nuovi mali contro cui vale la pena combattere; la civitas Dei e la civitas hominum sono le due disposizioni che albergano nel cuore di ciascuno e pretendere di instaurare un ordine politico, economico e culturale che abbia definitivamente sconfitto il male è solo l’ultima delle tentazioni del serpente: eritis sicut Deus scientes bonum et malum. Infine, a mo’ di corollario, ritengo che non si disponga di alcun apparato che ci consenta di conoscere il verso della storia e penso seriamente che tale verso non esista nella storia, ma che riposi nelle scelte di ciascuna persona; in caso contrario, la presunta necessità storica finirebbe per negare la concreta libertà umana che ritengo sia l’unica ragione per la quale valga la pena vivere.

Dunque, concordo con Breschi quando afferma che il conservatore che ragionasse così sarebbe meramente speculare al progressista: «Sarebbe uno che afferma che ieri è sempre meglio di oggi». In tal senso, non sono un conservatore poiché non ritengo che si possa mai dire “hic manebimus optime. Innanzitutto, non esiste un qui, dal momento che il tempo è dinamico e, nell’istante stesso in cui pronuncio l’avverbio, dovrei già aggiornare la posizione; ma non esiste neppure uno stare, perché la nostra condizione nel mondo avviene nel tempo e, con il tempo, condivide la dimensione dinamica; infine, non esiste un ottimo, dal momento che la realtà è sempre un “bona mixta malis”.

Per leggere l’articolo completo

https://lisandermag.substack.com/p/perche-non-sono-un-conservatore-ragioni?sfnsn=scwspwa