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mercoledì, Aprile 30, 2025
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Costruire insieme: il “più uno” di Ruffini, motore dell’uguaglianza

“Ognuno è irripetibile e inimitabile – scrive Ernesto M. Ruffini – siamo tutti insostituibili perché siamo dei pezzi unici di assoluto valore e rilievo, ciascuno con la propria specificità e particolarità”.

Ha numerosi meriti il nuovo libro di Ernesto Maria Ruffini. Il principale è misurarsi con lo sguardo lungo, fare la fatica – motivandola accuratamente – di ragionare, e individuare il “che fare”, pensando a domani, senza lasciarsi costringere nel ring dell’oggi, con il suo inevitabile corredo di colpi proibiti, nello sfiancante inesauribile conflitto tra guelfo e ghibellini. 

E dunque è un libro che parla di politica. Verrebbe da dire, consapevole di lambire pericolosamente la sponda della trita retorica, quella con la P maiuscola.  Eppure “Più uno. La politica dell’uguaglianza” ne è attraversato, un filo rosso che parte dalla prima e arriva all’ultima pagina, incuneandosi nell’analisi della società così com’è, nell’identificazione delle faglie più insidiose, nell’evocare i riferimenti ideali e culturali a cui ancorare la “rinascita” alla portata di tutti, nel chiamare all’azione, alla cittadinanza attiva, all’impegno corale. Papa Francesco ha denunciato con forza, e fin dai primi giorni del Suo Pontificato, che il rischio più grande per il cuore dell’uomo è diventare ostaggio dell’indifferenza e ha utilizzato il termine balconear, cioè chi sta a guardare dalla finestra, dal balcone.

Questa disposizione a guardare lontano è ben esplicitata dal richiamo ad una frase del Capo dello Stato importante in sé e per il momento in cui venne pronunciata. 

È il tempo dei costruttori” avvertì Mattarella nel discorso di fine anno del 2020, l’anno della pandemia, l’anno in cui non solo noi italiani avvertimmo la paura e lo scoramento dinanzi ad un dramma planetario che frantumava in un frame le nostre spavalde sicurezze, ma anche l’anno che ci mostrò l’indispensabilità della collaborazione e la necessità – ahimè presto dimenticata – di guardare al di là del nostro piccolo cortile individuale e nazionale. “Non sono ammesse distrazioni, non va sprecato il tempo”, ammoniva ancora parlando la sera del 31 dicembre agli italiani: superato il precipizio, le prime hanno di nuovo occupato il campo e il secondo è tornato ad essere consumato vanamente. 

Dunque, è il tempo dei costruttori, ricorda Ruffini. Quanto risulti urgente, proprio in questa stagione della storia, è anche superfluo rammentare. “La nave è ormai nelle mani del cuoco di bordo …”, il disordine mondiale è tale da giustificare l’uso della celebre frase di Kierkegaard. 

Al ricomparire dei fantasmi tragici e sanguinari della guerra sul suolo europeo, al progressivo e irriducibile processo di indebolimento del sistema democratico ad ogni latitudine si è aggiunto, dal 20 gennaio, l’utilizzo del potere in modo stupido (“dumb power”, come lo ha definito Hilary Clinton) da parte della Casa Bianca di Trump, che ha spazzato via il multilateralismo, messo in ginocchio la divisione dei poteri in patria, avviato una disastrosa guerra commerciale in nome di una sorta di logica suprematista nazionale.

Se, per dir così, sul versante geopolitico la direzione di marcia, assunta senza la minima incertezza, è il disegno europeista, come dimostra il riferimento costante a David Sassoli nelle pagine e la citazione di Altiero Spinelli, sul versante più profondo – quello di senso, di ragione fondativa dell’impegno – c’è l’assunzione della centralità della persona umana. “Ognuno è irripetibile e inimitabile – scrive Ruffini – siamo tutti insostituibili perché siamo dei pezzi unici di assoluto valore e rilievo, ciascuno con la propria specificità e particolarità”. Ecco la chiave di volta. L’ispirazione della vita, prima ancora che dell’agire, da cui è evidente il filo che lega Ernesto Maria Ruffini al filone della migliore tradizione della laicità cristiana che ha trovato nei cattolici democratici espressione e protagonismo sociale e politico.

Come dimostrano anche le parole, realiste e allarmate, dedicate alla crisi della politica che però era e resta la via per la giustizia tra gli uomini. “Oggi la politica sembra smarrita e disorientata – annota – in un mondo sempre più complesso e frammentato”. Questo “pensiero debole” ha causato l’allontanamento ed il disinteresse delle persone, ha generato l’idea che la politica abbia compiuto un tradimento rispetto al suo significato e scopo che è, appunto, dare spazio alla giustizia in un mondo in cui i forti, i ricchi, i potenti, i tutelati hanno la propria idea di giustizia che, per dirla con Trump, dipende dall’avere o meno le carte in mano.

Riscoprire la passione per la politica vuol dire mettersi in gioco e farlo insieme ad altri “in prima persona plurale, ogni giorno, più uno”.