Laicità e linguaggio
La laicità, intesa come attitudine a distinguere gli ambiti, è fra le conquiste più alte dell’umanità. Eppure il vocabolo “credenze”, volto a indicare convinzioni o opinioni in ambito soprattutto religioso, mi è sempre parso inadeguato a esprimere i miei vissuti in merito.
Assai di più sento mio il termine “fede”, intesa principalmente come fiducia. Ecco, la mia religiosità – come quella di tanti altri e altre – consiste nel “fidarmi”, ad esempio, dei profeti, di Gesù, delle donne e degli uomini dei quali ci narrano le Scritture.
Non è un atto acritico
Potrebbe sembrare un atteggiamento acritico. Non è così, e non solo in quanto, al contrario, lo studio biblico può seguire un metodo storico-critico, ma soprattutto perché non mi baso sul “principio d’autorità” (l’ipse dixit, riferito originariamente, naturalmente in greco, a Pitagora, in seguito ad Aristotele). E neppure mi baso su una vaga “interiorità”, su un vago sentire interno.
Mi orienta, piuttosto, una sorta di “confidenza” con il mondo, con le cose, con gli altri e le altre. Quasi che mi affidassi a un rapporto e a un moto di simpatia interumana. Nulla di dogmatico, dunque, nulla di granitico; piuttosto carne, sangue, ossa, cervello.
La cattiva fede e il male
E dove collochiamo, però, la cattiva fede, la disonestà, il male? Non lo so. Del resto, il cristianesimo è quasi per definizione “controfattuale” (quanti porgerebbero davvero l’altra guancia, ad esempio?). Il mondo, l’ho scritto mille volte, è governato da Polemos, dalla discordia, dalla contesa.
Il pericolo maggiore: la perdita di fiducia
Tuttavia scorgo il pericolo maggiore, l’insidia più grande nella perdita di “confidenza” con l’altro/a, nella sospettosità che fa di ogni “altro” un potenziale nemico. È la “paranoia”, in senso antropologico, la peggior nemica della convivenza.
Paranoia troppe volte alimentata proprio dalle “credenze” religiose. Mentre l’armonia, l’aveva intuito, tra gli altri, il filosofo David Hume, si nutre della fiducia. Fiducia nell’altro/a per molti, anche nell’Altro/a per alcuni.

