Il capitolo della selezione della classe dirigente è, da sempre, uno dei temi centrali e decisivi della politica italiana. Di ciò che resta dei partiti, innanzitutto, ma che coinvolge però l’intero sistema politico italiano. Del resto, nel momento in cui le cosiddette “agenzie formative” si sono, di fatto, progressivamente inaridite, è di tutta evidenza che i criteri che presiedono ad una corretta e ponderata selezione delle classi dirigenti politiche rispondono sempre più a criteri estemporanei per non dire addirittura casuali. Prevalgono, purtroppo, quei disvalori che hanno contribuito ad impoverire la stessa politica e lo “spirito pubblico”: ovvero, la fedeltà al capo, il servilismo nei confronti del potente di turno e, soprattutto, la non volontà di disturbare il manovratore.
Ora, a fronte di un quadro non particolarmente incoraggiante, esiste ancora un campo – seppur vasto, articolato e composito – che rappresenta un vero ed autentico giacimento di impegno, di militanza, di dedizione alla comunità e, soprattutto, di credibile impegno politico. Si tratta di quel mondo che genericamente viene definito come l’area del “civismo”. Ovvero, migliaia e migliaia di amministratori locali che contribuiscono, con la loro presenza e il loro attivismo, a governare le comunità locali del nostro paese. Ben sapendo che la stragrande maggioranza dei Comuni italiani sono al di sotto dei 1000 abitanti – quasi il 70% del numero complessivo – e la quasi totalità al di sotto dei 5000 abitanti. Ed è proprio con quei luoghi, con quelle comunità, con quei consessi istituzionali che è indispensabile dialogare ed entrare in contatto. Non per arruolarli in un disegno politico o in un progetto di schieramento ma, al contrario, per coinvolgerli in un processo di recupero di credibilità e di nobiltà della politica. Un’area, è bene dirlo con chiarezza, che quasi antropologicamente si colloca al Centro dello schieramento politico. Un’area, ripeto, composita e variegata, che rifugge però dagli estremismi, dai massimalismi, dalle faziosità e soprattutto dai furori ideologici. Per capirci, si tratta di un’area alternativa alle Schlein di turno e a tutti coloro che hanno un approccio ideologico e settario alla politica e al governo. Di una comunità o di un paese non fa alcuna differenza.
Per questi semplici motivi, e anche per la nostra concreta provenienza culturale e storica, abbiamo quasi il dovere – come movimento politico “Tempi Nuovi-Popolari uniti” – di avviare un dialogo e un confronto con questi ‘mondi vitali’, come si sarebbero definiti un tempo. E questo non solo perché, per dirla con Luigi Sturzo, “il Comune è la palestra democratica per eccellenza” ma anche per il semplice motivo che la cultura di questo immenso giacimento ideale, umano e amministrativo, è largamente riconducibile al filone ideale e al pensiero che si può riassumere come “centro riformista, popolare, civico e moderato”. Un mondo plurale, certamente, ma accomunato da valori e da una sensibilità culturale e quasi pre politica che lo porta ad essere una presenza che si colloca al centro della nostra vita pubblica. Un Centro, come ovvio e persino scontato, dinamico e operativo, riformista e concreto, attento ai bisogni e alle istanze della comunità e lontano da qualsiasi polarizzazione ideologica e radicalizzazione politica.
Ecco perché quando parliamo di selezione delle classi dirigenti, di nuova politica, di impegno concreto e di dedizione al territorio, non possiamo e non dobbiamo prescindere dal cosiddetto “civismo”. Un “civismo”, infine, che non è anti politico perché si auto organizza al di fuori dei partiti ma, semmai, che esprime una vera ed autentica passione culturale e politica. Un “civismo” che però, adesso, va interpretato e con cui va aperto un dialogo fecondo e costruttivo.