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martedì, 29 Luglio, 2025
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Dazi, accordo incompleto e dubbi crescenti: Palazzo Chigi sulla difensiva

Il governo rassicura, ma resta l’incertezza sull’applicazione delle diverse misure doganali e la partita energetica. Soprattutto Confindustria e Coldiretti alzano le antenne sulla battuta d’arresto della politica meloniana: dov’è il rapporto privilegiato con Trump?

Il messaggio rassicurante trasmesso dal governo e dalla maggioranza a proposito dell’accordo commerciale Ue–Usa cozza con le perplessità manifestate da varie categorie economiche. Non solo restano dubbi tecnici su quote e settori interessati, ma cresce la consapevolezza dei rischi connessi a un’intesa ancora da definire nei dettagli.

Club a dazi zero: chi entrerà davvero?

Agroalimentare, vini, alcolici, acciaio, alluminio e derivati: sono solo alcuni dei comparti che attendono chiarimenti sull’effettivo trattamento doganale nei nuovi equilibri transatlantici. Non è chiaro nemmeno come si realizzeranno le importazioni europee di energia dagli Stati Uniti – annunciate per un valore di 750 miliardi di dollari – né i 600 miliardi di investimenti europei verso gli Usa proclamati a gran voce da Donald Trump.

Intanto, resta aperta la partita più concreta e insidiosa: chi sarà incluso nel “club privé” delle merci a dazi zero, anticipato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen? Le pressioni delle lobby si annunciano fortissime.

Un accordo di principio, non ancora un trattato

“È il migliore accordo possibile ottenibile in circostanze molto difficili”, ha dichiarato il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic, sottolineando come l’intesa abbia evitato dazi al 30% sulle esportazioni Ue a partire dal primo agosto. È stato invece concordato un livello unico del 15% per la maggior parte dei beni europei diretti oltreoceano, anche se numerosi dettagli restano appunto da scrivere.

Tra questi, il comparto agroalimentare: i negoziati proseguono per definire quali prodotti Usa beneficeranno dell’esenzione dai dazi in Europa. Per quelli europei “sensibili” – carne, riso, zucchero, etanolo – nulla cambierà: l’Ue manterrà le protezioni attuali. Anche la questione dei vini e degli alcolici è ancora in discussione.

In merito ad acciaio, alluminio e derivati (oggi tassati al 50% negli Usa), si parla di quote calcolate sulla base degli scambi storici, entro le quali si applicherebbe il nuovo dazio calmierato del 15%. L’export europeo di auto verso gli Usa rientrerà direttamente in questa nuova aliquota.

Nessuna concessione sul digitale

Smentite ufficiali arrivano da Bruxelles sul fronte delle normative digitali: nessuna concessione sulla “web tax” o sui regolamenti DSA e DMA, tema non di competenza comunitaria.

Riguardo alle riserve espresse da Francia e Germania, Sefcovic ha dichiarato che tutti gli Stati membri sono stati costantemente informati. Tuttavia – ha ammesso – il cambiamento in corso è di portata epocale: “Il mondo di prima del 2 aprile è alle nostre spalle, dobbiamo affrontare questa nuova realtà. Una guerra commerciale aperta avrebbe avuto effetti devastanti sulle Pmi europee e sui livelli occupazionali”.

Resta da capire, in Italia, come la Meloni verrà a capo di questa complicata situazione. Con i dazi s’innalza la percentuale degli scontenti, incrinando l’immagine di stabilità ed efficienza del governo. I grandi elettori, a partire da Confindustria e Coldiretti, alzano le loro antenne sui segnali di fragilità della leadership meloniana. Qualcosa è destinato a cambiare.