Le culture politiche alternative alla destra, e distinte dalla sinistra, come quella cattolico democratica, ma non solo, possono ancora guardare all’alleanza con una sinistra così ideologizzata? Arriverà il momento del declino della Meloni, per questo urge prepararsi.
Giuseppe Davicino
Il mondo delle favole è talvolta meraviglioso. Purtroppo non è quello reale. È quanto viene da pensare sull’intervista di Giuseppe De Rita ieri a Repubblica, più a causa della intervistatrice in realtà che del grande sociologo che bene coglie i limiti del governo Meloni. Se è nell’ordine delle cose l’inadeguatezza della destra ad affrontare le enormi crisi concomitanti, veramente qualcuno può pensare che fra 6 mesi o fra 2 anni, o quando sarà il momento della caduta dell’attuale esecutivo, il popolo che ha votato a destra per disperazione e il popolo degli astenuti possa riversarsi in massa su una sinistra la cui distanza dal popolo appare siderale?
C’è ragione di pensare che chi confida che la spaventosa crisi sociale in corso concorrerà ad accelerare il ritorno della sinistra al governo, possa rimanere deluso. Intanto perché in tale crisi c’è un concorso, pratico e ideologico degli attuali partiti della sinistra nell’assecondare senza obiezioni, anziché almeno mitigare, l’agenda della parte peggiore, più feroce e anti-popolare, dell’élite globalista, quella che la settimana prossima tornerà a riunirsi a Davos, come ogni anno. Accettato il loro schema che prevede lunghi decenni di guerra, prima alla Russia poi alla Cina, in modo da neutralizzare i principali ostacoli al progetto del governo mondiale di questi miliardari, poi si finisce per sostenere pure, con una imbarazzante subalternità culturale e politica, il fondamentalismo ambientalista che costituisce l’opposto di quella necessaria ecologia integrale indicataci nella Laudato Si’. E così, in difetto di un umanesimo, viene fuori prevalentemente il furore ideologico che si ritorce innanzitutto contro il buon senso. Le città a 30 km all’ora (anziché mettere tali limiti solo dove c’è effettiva necessità), la conseguente ostilità alla proprietà privata dei mezzi di trasporto per i ceti popolari (dimenticando che un’auto per famiglia è stata una fondamentale tappa per la riduzione delle disuguaglianze).
Ma non solo. Il sostegno acritico alla direttiva Ue sull’efficienza energetica degli edifici che comporta costi enormi per i proprietari delle case proprio in una fase di crisi acutissima e inoltre introduce alcuni trattamenti obbligatori di iper coibentazione agli edifici nocivi sia per la loro conservazione che per la salute umana. Poi si finisce per plaudere alla sostituzione del cibo con gli insetti (trascurando il palese senso esoterico di tale pratica) e a inneggiare alla decrescita economica anziché puntare su investimenti per lo sviluppo di nuovi fonti di energia pulita ma anche adeguata alle moderne esigenze industriali e a sostenere la transizione digitale. Questo solo per restare nell’ambito green. Ma purtroppo è così per ogni tema importante della politica. Questa sinistra è divenuta subalterna al progetto politico del “socialismo dei miliardari” che prevede il graduale e sistematico esproprio dei beni della classe media da parte degli ultraricchi che diverranno sempre più ricchi, e il venir meno del riconoscimento assoluto dei diritti umani fondamentali, trasformati in diritti condizionati alla cittadinanza a punti, determinata da uno spietato e assoluto regime di sorveglianza.
Tale preoccupante deriva in corso nella sinistra occidentale pone a mio avviso un dato politico che appare sempre meno eludibile anche da noi. Le culture politiche alternative alla destra, e distinte dalla sinistra, come quella cattolico-democratica, ma non solo, quanto possono ancora guardare a questa sinistra che sprizza subalternità ai poteri forti da tutti i suoi pori in termini di alleanza, a livello parlamentare (negli Enti Locali è un altro discorso)?
Oppure occorrerà prima o poi, non prima almeno del congresso del Pd, prendere atto di una frattura irreversibile, tra il centro che guarda a sinistra e una sinistra ormai votata alla causa del socialismo dei miliardari, un tipo di regime che si presenta altrettanto pericoloso per la libertà e per la dignità della persona umana quanto lo è stato socialismo reale che generazioni di cattolici impegnati in politica hanno osteggiato, non senza riconoscere le giuste istanze sociali che portarono a quella risposta terribile ed errata?
Se, come molto lascia presagire, in questi anni alle forze di centro non resterà che questa seconda via, e non certo per volontà loro, ma per manifesta incompatibilità di differenti progetti di società, allora si potrebbe profilare all’orizzonte un deciso cambio di strategia nella politica delle alleanze che mira a raggiungere un’intesa attorno a un progetto di governo alternativo al partito della Meloni, tra le forze che mantengono una forte impronta popolare. A questo progetto, che si potrà realizzare non appena inizierà a sgonfiarsi il fenomeno di Fratelli d’Italia e a calare la popolarità del presidente del Consiglio attuale, non potrà mancare l’apporto della schiera dei delusi dal Partito Democratico, del variegato mondo dei movimenti e delle liste civiche, e il centro, anche con il contributo che sarà in grado di dare il processo di riaggregazione e ricomposizione dei Popolari.