Demokrazia e intelligenza artificiale, un connubio da inventare.

Inutile dire che il boccino bollente resta comunque in mano all’uomo d’oggi che volentieri, probabilmente, vorrebbe scaricarsi di responsabilità demandando all’IA la corretta gestione di se stessa.

Armando Editore ha dato vita ad una indovinata iniziativa proponendo una Collana, a cura di Laura De Luca e Giampiero Gamaleri, che propone la sfida tra intelligenza artificiale e quella umana, IA vs IU.

Da qui, un ghiotto libretto in cui Giampiero Gamaleri intervista l’IA sul pensiero di Marshall McLuhan. Il titolo del lavoro – I new media-Opportunità e rischi per la società” – ci anticipa una lettura di tutto interesse. In particolare un paragrafo, insieme ad altri, merita particolare attenzione. 

Viene posta la domanda se la tecnologia possa aiutare o meno la democrazia. La risposta che si riporta è oggetto di riflessione. “Lo sviluppo di tecnologie pervasive può influenzare sia favorevolmente che insidiosamente le istituzioni democratiche. Da un lato, la tecnologia può facilitare l’accesso alle informazioni, migliorare la partecipazione civica e consentire una comunicazione più aperta tra i cittadini e i governi. Dall’altro lato, la stessa tecnologia può presentare sfide come la manipolazione delle informazioni, la sorveglianza invasiva e la creazione di bolle informative che limitano le diversità di opinioni. L’effetto netto dipenderà dalla gestione delle tecnologie da parte delle istituzioni e dalla volontà della società di adottare misure che salvaguardino i principi democratici.  È importante un dialogo costante e un adeguamento delle strutture democratiche per affrontare le sfide emergenti e garantire che la tecnologia sostenga la partecipazione e la trasparenza, anziché minacciarle”.

Gamaleri commenta come l’IA non manchi saggiamente di sottolineare come tutto dipenda dall’uso che si fa delle nuove tecnologie della comunicazione. È quindi ingaggiata una lotta per piegare quegli strumenti verso la democrazia e il rispetto dei valori fondamentali della persona nella società contemporanea. 

Gamaleri ricorre a due felici immagini da portare a memoria. Le tecnologie sono come gli animali selvaggi che hanno in sé un loro inequivocabile istinto che può essere piegato rendendoli addomesticabili. Si tratta di portare a spasso sui marciapiedi delle nostre città una tigre al guinzaglio.

Inutile dire che il boccino bollente resta comunque in mano all’uomo d’oggi che volentieri, probabilmente, vorrebbe scaricarsi di responsabilità demandando all’IA la corretta gestione di se stessa. Quest’ultima, con singolare intuizione tutta umana, non cade nel trabocchetto e rimanda la palla dall’altra parte del campo, sentenziando che è materia dell’uomo maneggiare la faccenda. 

L’IA è un vestito che può essere indossato con stile o con sciatteria e che va scelto secondo le circostanze richieste.  Non può sostenersi da solo e neppure autonomamente decidere la location in cui sfilare.

L’uomo deve rassegnarsi e portare ancora addosso la sua medesima zavorra di carne e ossa e condursi avanti per come gli è possibile. Non sarà l’IA a porre fine alla tormentosa fatica di Sisifo. 

Occorre prestare attenzione alla questione. Può darsi che l’uomo, sollecitato dai fatti, si veda costretto ad un nuovo passaggio evolutivo, sviluppando nuove capacità e nuove sensibilità ad oggi non erano richieste. 

A leggerla in positivo, è possibile che espanda la sua intelligenza per non soccombere nella competizione contro il prodotto della sua stessa scienza. Potrebbe tornare più che mai comoda una necessaria sollecitazione di tal genere in un tempo cui l’umanità non brilla di alcun acume.

Siamo comunque al paradosso che McLuhan osservava a proposito della bomba atomica su cui sopra era riportata la scritta “Peace”. Bisogna gestire l’attrezzo con cura per non avere il danno di effetti indesiderati. Tutto il contrario di quanto dice Reid Hoffman, uno dei padri dell’IA, per cui “in un mondo che cambia, essere prudente è la cosa più rischiosa che si possa fare”. 

Quanto alla democrazia, per mantenere integra la sua forza ed i suoi connotati, potrà ricorrere intanto ad un restyling old fashion. Con un parziale compromesso con la passata etimologia, potrebbe recuperare la sua originaria “K”, ritrovando la vigoria di un tempo. Sarebbe cosa utile; demokrazia ha il sapore di una pronuncia più decisa e convinta. Nella storia ed ancor più in politica il fattore “K”, stavolta positivamente, non è mai da trascurare.