Ero in attesa di qualche seguito autorevole. Invece…silenzio assoluto! Va bene, e ci può stare anche questo. Ci ritorno allora io in punta di piedi e con le mie opinioni personali, perché i due eventi di Milano (Comunità Democratica), e Orvieto (Libertà Eguale), collegati a un certo punto in videoconferenza e comunque nelle idee di fondo equivalenti, sono stati per me molto interessanti. Devo dire che mi hanno coinvolto. Li ho seguiti alla meglio e per come ho potuto. Ma devo ammettere di non aver capito diverse cose. Specie quelle che riguardano i promotori. Se hanno cioè l’intenzione di incontrarsi solo una volta l’anno oppure ogni paio di anni; se hanno solo il grosso tema della “partecipazione” proposto nell’ultima Settimana Sociale di Trieste, e vogliono creare reti locali; se vogliono risvegliare dal lungo letargo il pensiero cattolico-democratico; se hanno l’intenzione di fondare un nuovo partito; oppure se hanno l’intendimento di creare una “corrente” all’interno del Pd.
Su quest’ultimo punto, devo però confessare un dubbio che mi sono portato dietro per tutto il mese di gennaio. Nei resoconti giornalistici e nelle interviste sui due incontri, ho infatti notato la demonizzazione e il disprezzo del termine “corrente di partito”. Ammesso e non concesso che questi due appuntamenti servissero a questo, le esecrazioni non le ho digerite affatto! Sarà un mio limite, per carità. D’altronde mi sono formato in una specifica corrente della sinistra democristana che si incontrava spesso a Chianciano e, mi tocca dire, una corrente riformista ben lontana dal cosiddetto moderatismo (politico e programmatico)…votato alla mediazione purchessia.
Ma c’è stato molto di piu. E si capisce bene leggendo la ricostruzione sintetica che ha fatto l’Unità del 18 gennaio – stesso giorno del primo incontro milanese – che scrive : “…’Comunità democratica’ è proprio un partito nuovo, organicamente inserito nel centrosinistra ma distinto dal Pd…”. E chiarendo successivamente che questo “…nuovo partito moderato è patrocinato dal fondatore dell’Ulivo e sarà guidato da Ruffini”. Sarà! Mi sono allora reso conto, che la chiave di lettura prevalente è stata tutta indirizzata alla spaccatura del Pd e agli attacchi alla sua segretaria. In questa ultima versione, sono stato confortato (una volta tanto) da Renzi, per il quale le correnti di un partito servono solo per trastullarsi e per cacciare il segretario. “Vedo in atto – ecco le sue parole – i soliti giochini delle correnti Pd per fare le scarpe alla Schlein”.
Una tesi in questi giorni forse avvalorata da quella che definirei “arrabbiatura isolazionista” di Franceschini. Le domande che mi sono allora posto sono state le seguenti: perché si sono stravolte le finalità dei due incontri? E dove sta lo scandalo se si riuniscono – ammettiamo pure – due correnti di partito? Si poteva capire in anticipo che nella migliore delle ipotesi, ed eventualmente, solo di due correnti (di pensiero) del Pd si trattava, sebbene i promotori abbiano smentito anche questa ipotesi affermando che non c’era nessuna voglia di dividersi. E che, specie a Milano, non c’era nessunissimo desiderio di fondare un ennesimo partitino di centro targato cattolico, alternativo alla cosiddetta nuova destra e nuova sinistra italiane. Un cosiddetto centro politico oggi gestito da Tajani, tenendo in bella evidenza il suo mentore Silvio Betlusconi con tutta la sua contraddittoria storia personale. E un partito di centro come FI che sta facendo innamorare molti cattolici che odiano un sano bipolarismo, e guardano al passato (remoto) ancora innamorati dello storico e necessario centro Dc del post 1945.
Forse, e non solo forse, c’è invece bisogno di lanciare un segnale di esistenza, anzitutto con un pensiero capace di rinnovare un grande retaggio culturale. A partire dall’idea, intrinseca alla lungimirante politica degasperiana, di una Europa unita e federata. Un rinnovamento necessario dal momento che il Cigno del cattolicesimo democratico, compresi i suoi “esterni”, cantava ormai da diversi anni. E questo è solo un cenno per ricordare che il Pd è stato fondato dai “cattolici adulti”, dai Democratici di sinistra e da tutta la sinistra Dc, liberale e democratica.
Il mio augurio arrivati a questo punto riguarda proprio il fatto che siano sul serio due stabili correnti di pensiero politico, collocate però nel più generale dibattito culturale e politico nazionale italiano, europeo e globale. Perché con l’aria che tira di una pericolosa tycoon-democrazia – psicotica arcimiliardaria e digitale – con i risvegli imperialiastici di novelli zar, con le varie guerre in corso, con 388 milioni di subsahariani pronti a migrare per fame e conflitti locali, nonché con i problemi del clima e dell’IA che avanzano a vista d’occhio, due occasionali e volatili incontri organizzati solo e soltanto per la cronaca politica e la polemica giornalistica non servono a niente. E se comunque si trattasse solo di questo, aggiungo allora che il Pd sta facendo un errore imperdonabile e fatale, che pagherà molto caro per la sua crescita e sviluppo, se dimentica e non rende addirittura protagoniste queste due correnti di pensiero democratico che sono servite a crearlo. E se non le fa emergere come meritano attraverso i suoi piu autorevoli rappresentanti ancora presenti sulla scena della politica e della cultura.
Questo perché un vero partito democratico e riformista che guarda al futuro e non al passato, ha bisogno urgente sia di una avanzata liberal-democrazia, oggi in evidente crisi a causa di un liberalismo tecnocratico e crapulone che pensa solo al mercato e al capitale; sia di un cattolicesimo democratico – pur oggi moribondo e silenzioso, e perciò tenuto in disparte – in grado di leggere laicamente e interpretare i segni dei (nuovi) tempi già alle nostre spalle, per promuovere il bene di tutti.
E vado alla conclusione, ricordando che in quei giorni ho anche pensato che si è confusa una sana ed utile diversità di punti di vista fra amici, con uno scontro mortale fra nemici. Una diversità solo per conquistare posizioni di potere? “Corrente” infatti, come ci ha ricordato Giovanni Sartori, è spesso sinonimo anche di “Fazione”. Quest’ultima è stata da lui intesa come forma di settarismo intollerante, esercitato per la conquista del potere interno e per interessi specifici che spaccano la coesione e rompono la solidità di un partito rendendolo liquido, se non del tutto gassoso. No! La corrente politica di un partito politico non è quella che spacca il partito, ma caso mai lo fa crescere: anzi che serve proprio per farlo crescere. E non è una fazione (o frazione) di interessi particolari, ma caso mai una idea particolare per l’interesse generale: del partito, degli elettori e del Paese.
È stata la mistica Simon Weil a prendere le distanze dal partito politico dei suo tempi, da lei in quegli anni valutato monocorde, come luogo di pensiero conformista e di totalitarismo ideologico. Un partito politico che non vuole la dialettica interna e il dibattito fra idee diverse. Oggi tutto nelle mani della politica-spettacolo vincente, della crescente “leaderpatia” senza vaccini e del solitario leader di turno, magari senza partito alle spalle.