Gli ultimi avvenimenti legati alla raffica di avvisi di garanzia spediti al Presidente del Consiglio e ad alcuni ministri conferma un’antica deriva della politica italiana da un lato ed una scarsa sensibilità, dall’altro, ad una riforma che si impone quando si parla del rapporto tra la politica e la giustizia.
Sul primo versante non possiamo non registrare la persistente volontà della sinistra italiana, seppur nelle sue multiformi espressioni, di arrivare al potere attraverso la cosiddetta “scorciatoia giudiziaria”. Ovvero, attraverso la “spallata giudiziaria” contro l’avversario/nemico politico di turno da annientare e da abbattere. Era già così ai tempi della Democrazia Cristiana. È appena il caso di ricordare il progetto politico varato dal Pci all’inizio degli anni ‘80 denominato “alternativa morale al sistema di potere della Democrazia Cristiana”.
È a tutti noto, almeno a quelli che non vivono di pregiudizi politici o di pregiudiziali ideologiche, che il tutto si basava anche e soprattutto sulla spallata giudiziaria al presunto sistema di potere della Dc. Cosa che è poi avvenuta puntualmente alcuni anni dopo. Ed è un vizio che è proseguito scientificamente – anzi si è affinato nel corso degli anni – durante la cosiddetta seconda repubblica e sino ai giorni giorni. Anche su questo versante è appena sufficiente registrare le svariate dichiarazioni dei principali esponenti della sinistra editoriale, televisiva, politica, culturale e giudiziaria per rendersene conto. È un’operazione talmente palese che non merita ulteriori approfondimenti se non ricordare che questa è una strada che indebolisce in modo irreversibile la qualità della democrazia e la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.
Al contempo, però, non possiamo non richiamare un aspetto che resta decisivo per evitare che si ripetano gli episodi che purtroppo abbiamo dovuto registrare in queste ultime ore. Detto con parole ancora più semplici, ma come è possibile che una semplice denuncia od esposto di chicchessia offra lo spunto alla magistratura per aprire un’indagine e mettere sotto accusa addirittura anche mezzo governo? Ma è normale tutto ciò? E di fronte ad una marea di denunce ed esposti che ogni giorno arrivano presso gli uffici delle varie procure si devono aprire inchieste ed indagini contro i vertici dello Stato in modo sistematico? E chi decide se una denuncia o un esposto può avere un seguito giudiziario e un altro no? Basta la discrezionalità e la valutazione di un magistrato per sciogliere questo nodo? E, in ultimo, d’ora in poi si può bloccare tranquillamente l’azione di un Governo nazionale orchestrando e pianificando una serie di esposti e denunce che, come tutti sanno, hanno solo una valenza di natura politica per delegittimare sotto il versante giudiziario una maggioranza democraticamente eletta e scelta dai cittadini italiani?
Ecco perchè, su questo tema si impone adesso una riforma precisa che affronti anche aspetti che, pur non mettendo in discussione il dettato dell’obbligatorietà dell’azione penale, non permetta un uso disinvolto, arbitrario, discrezionale e goliardico dello strumento della denuncia e dell’esposto contro singoli atti di governo. Su questo il Governo Meloni deve dire una parola chiara e netta – con una riforma precisa e tempestiva – pur sapendo che il vecchio vizio e tic della sinistra politica e giudiziaria italiana non finirà. Anzi, si rafforzerà ancora di più nei prossimi mesi anche perchè la Premier, come emerso anche in qualche intercettazione, non è ricattabile e quindi politicamente “è ancora più pericolosa” come hanno anche detto alcuni magistrati.