Articolo pubblicato in data odierna da https://www.huffingtonpost.it
È passata in sordina nei giorni scorsi la notizia riguardante il monito di Obama al suo partito, sempre più attratto e condizionato dalle opzioni che nascono dal protagonismo di vecchi e nuovi leader della sinistra radical-socialista americana. Nei Democratici incombe la frenetica mobilitazione che Sanders e Ocasio-Cortez – due figure affini eppure diverse per età e stile politico – riescono ad alimentare con le loro battaglie di segno populista.
Obama ha messo in guardia il partito affinché prenda nota del pericolo che ne sovrasta l’azione strategica: Trump non si batte spaventando la classe media con proposte che suonano ostiche alla mentalità dell’America liberale. Non a caso, per tutta risposta e con assoluta tempestività, Trump ha innescato la quarta aggredendo i Democratici sul punto più delicato, ovvero sul loro scivolamento a sinistra, da cui si evince per il Presidente in carica il tentativo di trasformare l’America in un Paese socialista.
È questa la dialettica che si può ripercuotere anche in Italia. Dalle nostre parti, si potrà avvertire il medesimo rischio. Se il Partito Democratico dovesse occhieggiare, esclusivamente, a un rilancio della visione pura e dura del socialismo, nulla potrebbe escludere un riconsolidamento, attorno alla Lega, del cosiddetto mondo moderato. Purtroppo non abbiamo Obama che ce ne rammenti il rischio, dato che molti sono tentati di accarezzare le suggestioni più facili e convenienti.
Un importante recupero alle europee grazie alla sola riconquista di una quota di elettorato più di sinistra, non sarebbe di per sé un risultato molto soddisfacente se comportasse per il Pd il rischio di un incremento del consenso legato a una possibile radicalizzazione a destra del Paese.
Queste riflessioni sicuramente non sono estranee ai pensieri del nostro nuovo segretario Zingaretti. Il cambiamento del simbolo è un atto implicito di questa consapevolezza. Tuttavia, una riflessione va fatta. La giusta inclusione in chiave lib-lab dei sostenitori di Calenda, non ci da la certezza di un significativo passo in avanti oltre il perimetro della inclusione del progressismo liberale, entro i confini della sinistra. Serve uno sforzo comune per realizzare un qualcosa di più ampio e convincente e dobbiamo subito realizzarne insieme le premesse.
I tempi stringono. Il Pd nei fatti deve impegnarsi per aggiornare e rinvigorire la sua piattaforma originale, evitando di dare il profilo di una forza esclusivamente neo social-democratica, che non sarebbe all’altezza delle nostre aspettative e dei risultati che ci aspettiamo. Dobbiamo metterci immediatamente a lavoro per rilanciare un rapporto di stretta cooperazione tra le grandi culture riformatrici del Novecento e l’innovazione costruita in questi anni.
Dobbiamo realizzare un partito aperto che non può rischiare di impoverire la sua immagine non includendo il pensiero politico cattolico-popolare e non costruendo un rapporto fecondo con la complessità del mondo cattolico.
Tutto ciò è l’antidoto per fugare ogni preoccupazione di un partito che gioca in difesa per la propria sopravvivenza e che invece deve guardare al futuro come perno dell’unica alternativa possibile al governo del Paese.