Con un populismo che corre verso il burrone, occorre avere la necessaria forza politica e culturale per tentare di invertire la rotta. Bisogna recuperare dal passato quegli ingredienti che possono rilanciare la radici, seppur fragili, della nostra democrazia. Serve una classe dirigente politica che non sia più la grigia ed indistinta sommatoria della improvvisazione, della casualità, della inesperienza e della cronica incapacità.
++++++
Il populismo, almeno così si spera, si avvia finalmente e lentamente al suo capolinea. Credo che, dopo la concreta esperienza vissuta in questi ultimi anni, possiamo dire tranquillamente che si tratta della peggior deriva della politica italiana. Una deriva che ha contemplato in sé i peggiori vizi che possa affrontare ed incrociare una democrazia: dall’antipolitica alla demagogia, dall’antiparlamentarismo alla impreparazione della classe dirigente, dal trasformismo all’opportunismo politico e parlamentare, dalla casualità all’ormai tristemente noto “uno vale uno”. Insomma, come dicevo poc’anzi, il peggio della politica italiana. Eppure, malgrado questa deriva profondamente antidemocratica ed illiberale, nel 2018 quasi un italiano su tre ha scelto questa deriva. Certo, forse non per demolire le fondamenta politiche, culturali ed ideali della democrazia italiana ma per assecondare, del tutto inconsapevolmente, una moda che era stata predicata, teorizzata ed urlata dalla stragrande maggioranza degli organi di informazione del nostro paese.
Ora, dopo aver assaporato il gusto di questo populismo in salsa italiana, è iniziata la lenta ma inesorabile presa di distanza da parte di coloro che, pomposamente, lo avevano coltivato ed esaltato. È altrettanto vero, però, che questa deriva populista si è consolidata in molti settori della nostra vita sociale e politica e non sarà così semplice archiviarla definitivamente. La controprova è semplice: addirittura un partito di potere e governista come il Pd continua ad individuare nel protagonista indiscusso di questo populismo anti politico, cioè i 5 stelle come tutti sanno, i migliori alleati per il futuro governo del paese. Ci sarebbe da rabbrividire al solo pensarlo, ma tant’è.
Di fronte ad un quadro del genere, però, la vera sfida politica e culturale resta un’altra. Ameno per tutti coloro che non hanno mai né condiviso e né sposato la causa populista come arma decisiva per risolvere i nodi politici nel nostro paese. Con un populismo che corre verso il burrone, occorre avere la forza politica e culturale, appunto, per tentare di invertire la rotta cercando di recuperare dal passato quegli ingredienti che possono rilanciare la radici, seppur fragili, della nostra democrazia e la credibilità delle nostre stesse istituzioni democratiche. E i tasselli che devono trovare spazio in questo contesto sono quelli decisivi per centrare l’obiettivo del ritorno della democrazia e dei suoli istituti principali. Li possiamo esemplificare con alcuni titoli: il ruolo dei partiti e della loro organizzazione democratica; il ritorno delle culture politiche per giustificare l’esistenza stessa dei partiti; respingere al mittente l’esperienza squallida e decadente dei partiti personali, del capo o del guru; battere la concezione della politica fluida o liquida funzionale alla sola crescita dei follower del capo; praticare una politica che sia in grado di coniugare radicamento territoriale, rappresentanza sociale e militanza politica. E, infine ma soprattutto, ritornare ad avere una classe dirigente politica che non sia più la grigia ed indistinta sommatoria della improvvisazione, della casualità, della inesperienza e della cronica incapacità. E questo solo per odio contro il passato e contro tutto ciò che ricordi la nobiltà della politica e della sua valenza culturale e storica.
Ecco perchè dobbiamo essere pronti. Pronti come cattolici democratici, come cattolici popolari e come cattolici sociali. E questo perchè tutti noi sappiamo che il populismo in salsa grillina è il nostro vero ed irriducibile avversario. Chi pensa di convivere con quella deriva non può coltivare il ritorno della qualità della democrazia e, per quanto ci riguarda, non può pensare di riproporre il nostro patrimonio culturale ed ideale. Per questi motivi la fine, speriamo presto, del populismo di matrice grillina ci deve vedere nuovamente protagonisti, con altre esperienze culturali come ovvio, del cambiamento e del rinnovamento della politica italiana.