Eravamo molto curiosi di conoscere il peso politico, reale e non virtuale, della neonata “casa riformista” studiata, pianificata e gestita a tavolino dal duo Bettini/Renzi. E la ghiotta occasione, come ci hanno detto gli stessi protagonisti per molti mesi, era il voto per il rinnovo della Regione Marche. Che, almeno sino a lunedì prima dell’inizio dello spoglio, e sempre secondo i capi della coalizione di sinistra e progressista, doveva essere la rampa di lancio per abbattere il centrodestra alle future elezioni politiche nel 2027. E, all’interno di questa vittoria annunciata, non poteva mancare la performance della cosiddetta “tenda riformista”.
Un’operazione che conteneva la presenza di molte forze civiche della Regione Marche, coordinate e promosse anche dall’assessore di Roma ai grandi eventi Alessandro Onorato. Cioè di un personaggio, l’ennesimo, inventato dal diabolico Bettini, che avrebbe dovuto – almeno nelle intenzioni – farsi carico di un progetto civico e politico nazionale da ricondurre alla nascita della “casa riformista” pianificata, appunto, negli uffici romani dell’ex dirigente comunista.
Un risultato disastroso per la “tenda riformista”
Purtroppo, le cose sono andate diversamente dagli auspici. Il presidente uscente Acquaroli ha stravinto le elezioni, il “campo largo” – anzi, larghissimo – ne è uscito stravolto e, per restare alla “casa riformista”, ha rimediato un miserissimo 1,9%.
E, dulcis in fundo, del coordinatore del nuovo e rinnovato civismo politico centrista nazionale, appunto l’assessore romano Onorato, si sono perse le tracce. Cioè, non è più stato intercettato dai radar della comunicazione politica. Né, tantomeno, almeno per quanto ci risulta, ha commentato l’esito del voto marchigiano, dove c’era una grande attesa dopo l’attivismo dell’assessore capitolino con la convocazione di un’assemblea pubblica con centinaia e centinaia di amministratori locali in attesa del nuovo leader giovane, innovativo e aggregante benedetto dai capi della sinistra romana.
Quando il leader si costruisce dal basso
Insomma, per farla breve, il leader giovane inventato da Bettini non è decollato. Il risultato elettorale è stato una sonora batosta e il civismo riformista di centro è rimasto al palo.
Morale della favola: i progetti politici non nascono a tavolino e, tantomeno, possono essere il frutto e il prodotto di scelte estemporanee di esponenti della antica e mai dimessa nomenklatura.
E, soprattutto, i leader – come ci insegnava molti anni fa Carlo Donat-Cattin – sono il frutto della battaglia politica concreta nella società e non il prodotto della decisione di strateghi decisi dall’alto. Anche perché, per dirla con Sandro Fontana, “il carisma in politica o c’è o non c’è ed è inutile darselo per decreto”.
Una lezione per il futuro del centro
Ma non vorremmo che, dopo questi semplici richiami, il nostro simpatico Onorato mollasse definitivamente la presa. Il suo contributo, come quello di molti altri, è indubbiamente importante.
Ma per fare il leader di uno schieramento centrista e riformista – soprattutto in una coalizione dominata, gestita, pianificata e guidata dalla sinistra radicale, massimalista, populista, demagogica, estremista e ideologica – ci vuole veramente un leader e non una figurina sfornata dalla casa madre.
È una lezione che può e deve valere anche per il prossimo leader centrista, dopo Onorato, che si deciderà a casa Bettini.