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Draghi al Quirinale? Meglio che resti a Palazzo Chigi.

 

Con il passare dei giorni l’ipotesi del trasloco di Super Mario al Colle ha perso mordente. Cresce al tempo stesso, dietro le quinte, il consenso sulla rielezione di Mattarella.

 

Cristian Coriolano

 

Gli occhi di tutti sono puntati sulla conferenza stampa che Draghi terrà oggi. In questi giorni sono fioccate le anticipazioni, poi regolarmente smentite da Palazzo Chigi: non è vero che il Premier ritornerà sulla questione del Quirinale per fare chiarezza o per correggere, men che meno per chiudere la questione della sua candidatura al Quirinale. Parlerà solo di Covid senza perciò avventurarsi sul terreno della battaglia per la Presidenza della repubblica.

 

In realtà, con il passare dei giorni, l’ipotesi del suo trasloco al Colle ha perso mordente. Solo Renzi fa capire di essere pronto a sostenerla, dando  a vedere che il lavorio di aggregazione al centro assicura – numeri alla mano – la continuità della legislatura, eventualmente con un sostituto premier anche nel caso dell’improbabile disimpegno della Lega. Pare tuttavia che non con convinca, anzi determini il moltiplicarsi di “suggerimenti” a mezzo stampa per la permanenza di Super Mario sulla tolda di comando, anzitutto come garante della corretta gestione governativa dei fondi del Pnrr.

 

È da notare come nell’opera di dissuasione si distinguano alcune personalità del vecchio mondo socialista. Gennaro Acquaviva, elegantemente, sollecitava ieri un’iniziativa che passi per lo stesso Draghi al fine di trovare un accordo sulla scelta del nuovo Capo dello Stato. Invece Rino Formica, più ruvidamente, alza la voce proprio contro di lui, il vezzeggiato (fino a ieri) Presidente del Consiglio, giudicandolo inadatto: “In lui prevale la cultura del banchiere. I banchieri non hanno una visione di lungo periodo, sono attenti alla convenienza di quel che il mondo offre in quel momento” (v. intervista del 2 gennaio a Repubblica). Sembra di cogliere, a distanza di anni, la dura reprimenda che s’abbatté sul giovane funzionario ministeriale, allora di stanza a Washington, per un intervento giudicato da Bettino Craxi fuori linea rispetto ad alcune direttive del governo. Insomma, non è da escludere sia rimasto qualcosa nel “vissuto socialista”, ancora riflesso nel solitamente lucido argomentare dell’ex ministro Formica, che spinge a dichiarazioni così poco amichevoli.

 

Sta di fatto che i giochi per la più alta Magistratura dello Stato si presentano tuttora aggrovigliati. Già si parla di “saltare” le prime tre votazioni, quelle con il quorum rafforzato, per immaginare un atterraggio più facile a partire dalla quarta, quando cioè l’elezione scatta sulla base della maggioranza semplice. È un segno ulteriore di quanto sia ingarbugliata questa storia. I tessitori non mancano, anche se finiscono, in disordine e loro malgrado, per agire alla stregua di Penelope: filano di giorno e disfano di notte la tela degli accordi. Per questo prende sempre più forma, giorno dopo giorno, l’idea che la rielezione di Mattarella meriti l’uscita dal limbo di titubanze e ammiccamenti, per farla rifulgere come stella polare nella traversata del deserto dei Grandi elettori.

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