Una certa “cultura della mediazione”, propria della cultura cattolico democratica e cattolico popolare, ha trovato nell’attuale Premier il suo alfiere principale.
Giorgio Merlo
Da molte parti si invoca la necessità di ricercare la sintesi politica, la capacità di saper far convergere le varie forze politiche attorno ad un obiettivo comune e la necessità di superare quella radicalizzazione della lotta politica che resta il vero tallone d’Achille per una buona politica. Elementi che, purtroppo, non sono così comuni in un clima politico ancora purtroppo caratterizzato dal populismo, dal trasformismo e dall’opportunismo politico e parlamentare.
Eppure, questa capacità di ricercare la sintesi politica attraverso la storica e sempre attuale “cultura della mediazione” di derivazione cattolico democratica e cattolico popolare, ha trovato proprio nell’attuale Premier, Mario Draghi, il suo alfiere principale. Un’azione, quella di Draghi, che ha saputo riscoprire – seppur in un contesto difficile e quasi unico dove i partiti hanno clamorosamente smarrito la loro funzione e soprattutto la loro credibilità – quella caratteristica che era e resta decisiva per esercitare una credibile azione di governo.
Ora, è persin ovvio ricordare che il “centro” politico e di governo si sostanzia anche e soprattutto di quella cultura e di quella prassi. E proprio un tecnico autorevole e qualificato a livello internazionale ha saputo declinare concretamente quella cultura e quella “politica di centro” che restano decisive per superare i problemi e indicare delle soluzioni. Cioè, ha saputo svolgere quel ruolo politico che molti invocano e auspicano nel frastuono della politica contemporanea. Perchè è del tutto evidente che non posso più essere la radicalizzazione del politico permanente la soluzione miracolistica ai problemi che il nostro paese si trova dinnanzi.
L’esaltazione di un finto bipolarismo che poi è degenerato in uno smaccato trasformismo politico e parlamentare ha contribuito in modo potente ad indebolire la qualità della politica da un lato e ad ingigantire il ruolo delle estreme dall’altro. E, non caso, sono state proprio le formazioni populiste e demagogiche quelle a nuotare con maggiore destrezza in questo mare di degrado politico e civile.
Ora, in vista delle prossime elezioni politiche generali e dopo l’azione concreta di questo governo, e nello specifico del suo Presidente, forse sarà possibile dar vita a quella “politica di centro” che resta l’unica carta per battere alla radice la radicalizzazione della attuale dialettica politica italiana. Una cultura di centro che, come emerge in questi mesi, non è soltanto una tecnica parlamentare o una forma astratta di governo ma risponde, al contrario, ad un metodo democratico e ad una autentica cultura politica.