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sabato, Marzo 15, 2025
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È sbagliato tirarsi fuori dal ReArm lanciato dall’Unione europea

Sulla scia dell’intervista di Andrea Riccardi a Repubblica, per il quale il riarmo europeo va contro una sana politica di pace, ieri è intervenuto anche l’ultimo segretario del Partito popolare.

La prima responsabilità che sento è quella del ripristino della verità nel dibattito pubblico italiano. Il Piano dell’Europa è sicuramente discutibile e correggibile. I suoi limiti, sui quali è giusto discutere, nascono dalla constatazione che nei tempi di urgenza che interpellano l’Europa non è perseguibile un intervento che comporti la rapida cessione di sovranità dei 27 paesi dell’UE in materia di difesa e politica estera comuni. Ma per correggere e migliorare i contenuti del Piano bisogna mettersi al tavolo e non chiamarsi fuori.

Ciò che l’onestà impone di dire è che l’UE non intende aggredire la Russia, né militarmente né in altro modo, ma semplicemente, nel momento in cui gli Usa hanno annunciato e ribadito la loro intenzione di spegnere l’ombrello protettivo tenuto aperto per quasi settant’anni, allestire uno strumento di difesa e di deterrenza autonomo. Aggiungerei, anche se non esplicitato, nello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Di questo si tratta! Né si tratta di mettere in discussione l’irrinunciabile diritto all’obiezione di coscienza militare, proprio perché non si sta discutendo di un’iniziativa di aggressione militare verso alcun paese, eventualità rispetto alla quale sarei il primo a ribellarmi, come nella mia lunga esperienza parlamentare ho fatto, e non una volta sola.

Prendo seriamente in considerazione le riserve di tanti amici sicuramente in buona fede, soprattutto di quanti evocano, proprio a causa della loro fede, il dovere della politica di operare per la pace. E, in questo senso, di operare con fedeltà al Vangelo. Epperò il Vangelo, sicuramente inequivocabile nella condanna della violenza e della guerra, non solo riconosce il diritto alla difesa, ma soprattutto non libera quei credenti che assumono responsabilità politiche dal dovere di trovare soluzioni possibili e concrete di fronte alle sfide della realtà.

Aldo Moro ha scritto pagine luminose per spiegare la responsabilità dei laici nel coniugare i valori della tradizione cristiana con il principio di realtà, sapendo che quei valori declinati con questa modalità possono subire, non un tradimento, ma una formulazione originale, comprensibile e accettabile anche da chi credente non è. E aggiungeva: “Questo è il nostro modo di rendere una servizio alla nostra Chiesa”.

De Gasperi e Moro ci hanno lasciato una grande lezione, preziosa per tutti, credenti e non credenti, in tutti i tempi: quando si avviano processi storici nuovi, e oggi non c’è dubbio che siamo in uno di questi casi, occorre starci dentro, a maggior ragione se si ha l’obiettivo di ottenere cambiamenti persino di direzione di marcia. Chi non è a bordo della storia è relegato al ruolo di comparsa o, nel migliore dei casi, e solo se si hanno ragioni ideali significative, della pur nobile testimonianza. Quando partirono “quelli di Strasburgo” per dar vita alla Ceca, non invitarono l’Italia perché non aveva nel suo territorio una realtà paragonabile alla Ruhr. De Gasperi fece tutto il possibile per entrare in partita perché intuì che stava cominciando una storia nuova. Per ciò e per tante ragioni io penso che anche oggi occorra esserci, con dignità e la consapevolezza storica che stanno mostrando sia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che il presidente Romano Prodi.

 

[La nota è stata diffusa ieri nel tardo pomeriggio dall’Ansa]