Difficile immaginare cosa farà Draghi nelle prossime ore e come andranno le elezioni per il Presidente della Repubblica. Ma ciò non togli che si possano fare alcune valutazioni sui futuri scenari.

E mo? Bisogna dare atto a Berlusconi che ancora una volta ha gettato la politica nel caos. Che abbia rinunciato al Colle per amor di Patria ci credo poco, che lo abbia fatto per puntare a favorire una soluzione capace di aprire ad un rimpasto di governo e una risalita di Forza Italia o quanto meno limitare i danni, è più plausibile. Che lo abbia fatto per spaccare il PD e una maggioranza inconciliabile è certo. La soluzione migliore sarebbe Draghi al Colle e Franco a Chigi (uomo, si dice, di osservanza strettamente draghiana), il resto sono favole per far sognare la gloria o la chiusura di una carriera troppo lunga ai tanti disinvolti evergreen.
Tuttavia se Draghi va veramente al colle, l’ipotesi voto anticipato (auspicata da Giorgia Meloni, che sale sempre più nei consensi essendo la sola opposizione di peso) diviene realistica, perché un qualunque premier incaricato, non espressione del PdR eletto, avrebbe una enorme gatta da pelare.

Da un lato la difficile gestione del Pnrr da mandare avanti, driblando le pressioni di chi vorrebbe vedere nel piano solo una montagna di soldi da spendere, posti e potere da occupare (forse per cercare di risalire nei consensi) e non una occasione irripetibile per la crescita del Paese. Dall’altro il problema di certa politica che vuole sopravvivere a se stessa, dove da un lato si agita quella bisognosa di blindarsi il ruolo di solo capitano sulla tolda della nave in affanno e dall’altro quella bisognosa di tornare a contare decimi di percentuale per non ridursi all’irrilevanza (nonostante ora abbia il boccino e la possibilità di sparigliare ancora). Ed infine un PdR che – lo ha già dimostrato con lo stile esecutivo adottato da Palazzo Chigi – non si limiterà a fare il notaio e tagliare nastri, usando tutte le leve che la Costituzione gli offre per guidare modernamente il Paese.

Dunque con Draghi al Colle la gestione del voto anticipato, ma non solo questa, diviene particolarmente spinosa per l’attuale maggioranza (tutti nessuno escluso) perché in caso di non fiducia al premier incaricato, da parte di un parlamento contrario ad un esecutivo che per forza di cose dovrà essere prevalentemente tecnico, resta il voto ed in attesa che si vada alle urne, il ruolo di guida dei ministri spetterebbe al ministro più anziano (Brunetta) anche perché nell’esecutivo non ci sta nessuno con il ruolo di vicepremier. Si tratterebbe vero di poco tempo, ma sarebbe uno tsunami per la politica e, soprattutto, per il Paese che si ritroverebbe di fatto con un esecutivo provvisorio con una situazione economica delicatissima.

A questo vanno aggiunti due altri fattori che potrebbero facilitare la soluzione Draghi/Franco. Il primo riguarda la mancanza di una legge elettorale conseguente alla riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Cosa non irrilevante. Il secondo riguarda i segretari dei partiti, ed è forse il più preoccupante, che vedranno per effetto della riforma, non solo ridotto il numero dei posti teoricamente a loro disposizione (l’elettorato detta la vittoria) ma – se non saranno accorti – vedranno ridursi anche il loro potere e la loro leadership nella trattativa verso il voto, con conseguente scatenarsi di guerre interne per la “poltrona” che non gioveranno ad alcuno.

Nel frattempo, se non si userà il buon senso, l’Italia avrà problemi interni (a cominciare da possibili tensioni sociali di cui nell’ultimo anno abbiamo avuto diversi assaggi) e di credibilità internazionale soprattutto con i partner europei (li ha già e non solo per la storia del Green Pass da sei mesi rispetto a quello europeo da nove, che è la questione minima). Insomma uno scenario tutt’altro che semplice che dovrebbe spingere i grandi elettori ad una soluzione nell’interesse del Paese, entrando più in empatia con il sentimento popolare, anche perché incatenare Draghi a Palazzo Chigi, fino alla fine della XVIII legislatura, potrebbe portarlo ad assumere la decisione di non farsi logorare da questa maggioranza.